Chissà perché i KamAak, già che c’erano, non hanno deciso di chiamarsi KaAmAaK e di adottare una denominazione palindroma. Boh, forse non gliene frega niente di queste sciocchezze: interessante è invece il loro album di debutto, Seven on Seven+1, una raccolta di brani contaminati dalla world music, in uscita in questi giorni.
KamAak, già noti per il loro ep Imperfect Disconnect pubblicato dalla label INRI Classic, si sono distinti nel panorama musicale nazionale per le loro sonorità neo-classiche di matrice electro-acustica. Con Seven on Seven + 1 il duo ha scelto di esplorare nuovi territori sonori, abbracciando il sound elegante e raffinato da clubbing.
Questo cambiamento stilistico è stato reso possibile grazie alla collaborazione con il produttore Peppe Folliero del collettivo Daddy’s Groove, conosciuto per le sue collaborazioni con star del pop e dell’elettronica dance (Martin Garrix, Bono, David Guetta, Swedish House Mafia, Bob Sinclar, Justin Bieber, Lady Gaga, Bruno Mars, The Kolors, Eros Ramazzotti, Geolier). Folliero ha dato un tocco fresco e innovativo alla musica del duo, aggiungendo un’inedita dimensione sonora alla loro creatività rifacendosi al circuito clubbing influenzato dal sound edm, latin house organic techno, funky deep house, disco pop, tech house e afro house.
KamAak traccia per traccia
Si parte da Ambra, una danza orchestrata dal violino e corroborato da percussioni dal sapore orientale, con un profondo senso di malinconia a dispetto dell’animazione del brano.
Ecco poi che si cade nel Blue Hole, molto più calma, almeno sulle prime: poi il discorso accelera e si fa più intenso e vibrante. Chitarra classica e sensazioni nostalgiche percorrono Toledo, con ovvi riferimenti al flamenco e alla musica spagnola, spunto di partenza di un brano che però segue anche altre vie.
Si arriva a metà disco con la guizzante ancorché scura Red Velvet, che sembra voler celebrare una festa con qualche connotato di malinconia. Atmosfera molto più da club con Sloth Dance in Seoul, ove lo “sloth” è il bradipo, e di conseguenza danza in modo abbastanza tranquillo (chissà perché in Corea, ma non ce lo dirà).
Tempo di ritemprarsi un po’ con una morbida Orange Juice, che scorre colorata e soffice, almeno finché un movimento turbinante di violino non emerge e trascina con sé il brano. Incomincia dolce, e dolce rimane, Bruise, che usa voci come strumenti e che formicola di suoni in modo molto fitto, senza diventare mai troppo appuntita.
A chiudere, ecco Plus 1, lungo brano di chiusura dalle caratteristiche abbastanza jazzate e sincopate. Anche se circa a metà si cambia umore, come se iniziasse quasi un brano nuovo e molto più sotterraneo.
Ritmi molto vivi e idee fresche per il lavoro dei KamAak, che mescolano le sonorità fino a raggiungere suoni, produzioni e arrangiamenti assolutamente contemporanei e di grande impatto.