Tamalla è l’album di debutto di Jali Babou Saho, cantante del Gambia e suonatore di kora (strumento tipico dell’Africa Occidentale che si tramanda di generazione in generazione). Un disco che nasce dopo l’incontro con il chitarrista Francesco Mascio e che vanta la produzione eccezionale di Riccardo e Daniele Sinigallia.

Sei tracce originali, registrate in presa diretta con Maurizio Loffredo, Daniele e Riccardo Sinigallia, presso gli Artigiani studio di Formello; le canzoni spaziano nell’ambito dell’ afro-blues, afro-jazz e world music. Un intreccio di sonorità elettriche e acustiche, in cui le radici della musica mandinka, evolvono in una visione moderna, dando vita ad una interpretazione dell’artista del tutto personale. Focus track del disco è il singolo Kanno

A impreziosire l’intero lavoro è la collaborazione di numerosi musicisti provenienti da percorsi musicali differenti: il vocalist italo-libico Esharef Alì Mhagag, la cantante partenopea Fabiana Dota, il sassofonista Alberto La NeveTonino Palamara alle percussioni, Paolo Mazziotti al basso elettrico, Domenico Benvenuto alla batteria, oltre che dallo stesso Francesco Mascio alla chitarra classica ed elettrica e Jali Babou Saho alla voce e kora.

Conoscere, registrare e lavorare con Babu è stato memorabile. E’ successo poco prima dell’inizio della pandemia che ci siamo incontrati per la prima volta, grazie a mio nipote Francesco, il figlio di mio fratello Daniele, che ce lo ha fatto scoprire. Appena ci fece vedere dei video di alcune sue performances attraverso il  suo telefono ci siamo talmente entusiasmati che nel giro di poche ore avevamo deciso di dare vita insieme ad Andrea Rapino ad un progetto che avevo in mente da anni: un’etichetta che potesse accogliere le proposte musicali di grandi artisti del mondo, sconosciuti. Semplice e ambiziosissimo, tanto che,  poco dopo aver definito i primi artisti e i partners con cui intraprendere la sfida,  ci ha fermato il Covid. 

Non è stato più possibile andare avanti con quell’idea, ma avevamo comunque già registrato queste tracce in pochi giorni. Le ho mixate ed eccoci qui. E’ molto più di una consolazione assistere alla pubblicazione di Tamalla. Siamo riusciti a farlo con l’aiuto di tutte le persone coinvolte dall’infatuazione per questo artista. Quelle che forse leggerete nei crediti. Credo che sia l’esatta trasposizione su un supporto dei ricordi di quel periodo di registrazioni con il primo degli artisti del mondo di cui ci eravamo innamorati. Per un produttore che ha passato giornate intere a fare editing di ogni genere è stato molto gratificante partecipare a quelle sessioni in cui ogni vibrazione delle sue corde vocali si confondeva con quelle della sua kora e con lo spirito di ogni musicista che partecipasse sotto la sua silenziosa direzione e quella di Francesco Mascio. Esperienza unica e irripetibile.

riccardo sinigallia

Jali Babou Saho traccia per traccia

Si parte da Nkidetta e si parte dalle corde e dai loro suoni, che introducono agli ambienti misteriosi e orientali di una melodia che si muove tra il blues, il jazz, i vocalismi della cultura maghrebina, il tutto ammantato di una certa patina malinconica.

Ecco poi la title track, Tamalla, quasi barocca nell’introduzione, per poi sfociare in una tessitura più fitta e dai colori oscuri.

Partenza tranquilla quella di Kelli manying, che si mantiene moderata nei ritmi e nelle dinamiche ma piuttosto fiorita dal punto di vista vocale e strumentale.

Fundinke Iuu si riscopre più animata e anche un po’ più aggressiva, muovendosi in territori più vicini al blues. Tocca poi a Harem mujanni, che dopo un’introduzione di kora dà vasto spazio alla voce, con toni di nuovo piuttosto malinconici e nostalgici, sostenuti anche da un sax particolarmente morbido.

Il morale non si alza particolarmente con Kanno, brano di chiusura oscuro e fluido, in cui fiati e corde dialogano, ma con i cori che sollevano parzialmente il carico di tristezza del brano. Qualche parola in italiano per un amore che non si vuole lasciare aggiunge un tocco più drammatico alla canzone.

Piuttosto lontano dalle sensibilità pop che siamo abituati a recensire su queste pagine, il disco di Jali Babou Saho trasporta in un mondo lontano e antico, ricco di profondità e di bagliori ancestrali. Un viaggio e una scoperta che, a ben guardare, si coniugano bene con i generi più vibranti della musica occidentale.

Genere musicale: afro-blues

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