La richiesta di avere Pietà sul proprio destino si espande su chitarre funk e percussioni baleari: nel loro nuovo singolo i Koomari trovano l’equilibrio tra spiritualità e leggerezza.
Ciao ragazzi come state? Da veri divulgatori della cultura italiana nel mondo, ci raccontate com’è la vita a Casalmaggiore?
Ciao a te, noi stiamo una favola, e tu? Potremmo parlare per ore di Casalmaggiore. È una piccola cittadina di provincia, orribile e stupenda allo stesso tempo. C’è una concentrazione di energie creative tutto sommato sorprendente. È un luogo molto situazionale. A volte avvengono delle cose magiche ma la stragrande maggioranza del tempo non succede niente. C’è molto pragmatismo contadino nell’aria, nonostante alla fine i contadini siano pochi. C’è una bellissima golena vicino al fiume. Purtroppo governa la Lega.
Quanto e in che modo i Koomari pescano dalla pianura padana per comporre la propria musica?
Ci sono più immaginari di pianura padana che coesistono: uno è fatto di industria, capannoni, bruttezza, nebbia, noia. L’altro è fatto di ampie distese di campi, fiume, cibo, persone. Noi ci ritroviamo sicuramente più nel secondo, ma inevitabilmente dobbiamo scontrarci anche col primo.
So che il brano Pietà nasconde dei riferimenti alla figura divina della kumari: che cosa rappresenta la dea della purezza nell’universo Koomari?
Più precisamente Pietà è una preghiera recitata verso una divinità del fiume. Nel folklore slavo queste creature vengono chiamate Rusalki. Questi spiriti impersonificano l’acqua. Chi è cresciuto a due passi dal Po sa che il fiume può essere stupendo ma anche molto pericoloso. Nelle prime jam da cui poi è nato il brano, abbiamo iniziato a ripetere delle frasi a una di queste creature. Ne è venuta fuori una sorta di liturgia che abbiamo condito con dei cori alla Bee Gees.
E’ dalla dea Kumari che deriva il vostro nome?
La Kumari (con la u) è una dea vivente che si incarna ciclicamente in delle bambine che sono obbligate a fare una vita che è un misto di prigionia e privilegio. È un culto praticato in Nepal. All’inizio del nostro progetto, prima di capire dove volevamo andare a parare, ci immergevamo spesso in lunghe jam psichedeliche dove i testi facevano sempre riferimento a delle divinità femminili (Pietà ne è un chiaro esempio). La storia della Kumari ci ha particolarmente affascinato. Inoltre c’è una chiara similitudine con “le comari”, termine che tendenzialmente viene utilizzato per indicare le signore anziane, in particolare nei paesi. Il nome Koomari alla fine non significa niente ma allo stesso tempo significa entrambe le cose. Ci piaceva giocare con questa ambiguità, per cui ognuno può leggerlo come vuole e interpretarlo come preferisce.
Non posso fare a meno di notare che la copertina di Pietà somiglia molto a quella di Magico, vostro primo singolo, c’è qualche collegamento fra le due canzoni?
Stilistico più che di contenuto. I testi sono molto diversi. In Magico a parlare è una sola persona, mentre in Pietà è un gruppo. Musicalmente sono figlie delle stesse intuizioni musicali. Mischiare elementi di funk con linee melodiche che non ci annoiassero, condite con un po’ di psichedelia dove necessario.
Le vostre canzoni mi trasportano in una dimensione sognante, soprattutto per il tipo di suono che portate, è un effetto casuale o è proprio così che avete voluto strutturare il progetto Koomari?
Grazie, direi che è abbastanza cercato. Sicuramente abbiamo lavorato e stiamo lavorando molto per cercare qualcosa che ci appartenga musicalmente. Stilisticamente stiamo andando verso un’identità nostra, con tutti i suoi difetti e le sue imperfezioni. Ma la rivendichiamo molto.
Il videoclip di Magico conferma una certa autoironia nei vostri pezzi, è un caso o è un modo per parlare in maniera più diretta a chi vi ascolta?
I videoclip di Magico e di Pietà sono stati prodotti da Loma Video, un collettivo di produzione video di Casalmaggiore. Due dei nostri (Marco e Michele) ne fanno parte quindi il collegamento è stato naturale. L’autoironia è un tratto stilistico dei Loma che si è ben incastrato con il progetto Koomari. Come evidente, ci piace molto divertirci e troviamo molto liberatorio il non-sense. Devo dire che c’è voluto un po’ per abbattere la timidezza, ma alla fine i video fanno davvero ridere.
“Animali o eroi / Chiamaci come vuoi”, voi cosa vi sentite di più?
Portare avanti un progetto musicale in provincia richiede un certo grado di eroismo sicuramente, ma ci vediamo meglio come bestie.
Due motivi per ascoltare i Koomari e due motivi per non farlo: via.
Ascoltateci perché checché se ne dica, profumiamo molto.
Ascoltateci perché quasi tutti noi abbiamo quasi tutti i capelli.
Non ascoltateci perché potrebbero crescervi velocemente le unghie dei piedi.
Non ascoltateci perché è molto probabile che Dio non esista.