Si chiama Dance Dance Dance – The Outsider’s exploit il nuovo lavoro degli Experi-Mental che mette sotto uno stesso cielo, quello della dance, svariate influenze.

Il titolo fa riferimento all’omonimo libro di Haruki Murakami, in cui si parla di abbandono, di perdita e di attese. Il che suggerisce molteplici livelli di lettura di un disco che, però, possiamo valutare soprattutto sulla base dell’impatto delle sue tracce.

Ed è un impatto consistente: gli Experi-Mental maneggiano con serietà strumentazioni e arrangiamenti, proponendo sguardi differenti sia sulle variabili ritmiche sia sullo stile dei riff utilizzati.

Break in Black parte di elettropop in maniera molto consistente: un tuffo nel passato (gli Ottanta? Più indietro?) che in realtà non avrà moltissimo seguito nel resto del disco.

Già con The Other Song si cambia decennio, intercettando un po’ di d’n’b, un po’ di Moby, un po’ di velluto, ancorché con suoni acuti di tastiera che rimbalzano qui e là di tanto in tanto. La title track Dance Dance Dance assomiglia a un brano pop dal ritmo sostenuto, in cui di nuovo si rimescolano i decenni e le influenze.

Inizia poi una serie di “alternative take”, cioè di brani già pubblicati in passato dalla band, ma ora riarrangiati e riletti totalmente. When a new day begin esplora le profondità dello spazio con l’aiuto delle tastiere più scintillanti che ci siano. In compenso Ufo’s meeting è molto meno “spaziale”, anzi è ancorata a terra da un solidissimo ritmo di basso.

I toni bassi iniziali di Progressive Change lasciano presto lo spazio a una voce femminile e a un certo eccesso di effetti sonori. Try to catch a rainbow si apre con una citazione (andata a male) di “Over the Rainbow”, distorta poi in mille rivoli elettronici.

Nightgoove picchia piuttosto dura e metallica, ma con una voce al contrario molto morbida a fornire un buon contrasto, rafforzato poi dal pianoforte.

The Awake chiude la serie di brani presentati in alternative take, con  un riff di tastiera molto altisonante e una ritmica serratissima.

Exp-M sembra fare riferimento a un universo affine a quello dei Prodigy, anche se privo della loro ferocia, ma non della loro velocità. Daritmadram si cala in spazi oscuri, facendo largo uso delle particolarità della voce.

Mechanic Continuum viaggia a ritmi alti ma sempre tenendo in evidenza un groove di basso ben costruito. Enjoy the Music è forse il pezzo più smaccato del disco, ma senza debordare oltre il lecito. Il robustissimo groove di Once Again chiude il discorso su ritmi molto alti.

Dance e soul si scontrano spesso all’interno del disco, trovando a volte accordi ben architettati. A gusto personale avremmo forse preferito qualche pizzico di soul in più, ma il risultato è comunque degno di lode.

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