Cinque tracce per cinque colori (a dire il vero, tre colori e due non colori, ma non stiamo a sottilizzare): il Prisma dei Plunk Extend si compone come una tavolozza.
L’ep (cinque brani) non è considerato un ep dalla band, bensì un lavoro finito vero e proprio: non è una questione di lunghezza, bensì di completezza dell’opera.
Si parte con Blu, canzone di velocità media che propone una struttura piuttosto tradizionale, con buone dosi di chitarra. In Nero il cantato è molto rapido, sul limitare del rap, con incisi vicini al dub, e comunque l’uso delle voci piuttosto creativo.
Bianco è un brano ricco di melodia, tutto sommato anche sorprendente per toni e modi, con un drumming insolito e la chitarra acustica impegnata in un lavorio intenso.
Molto più aggressivo il discorso legato a Rosso, rock pieno e vibrante, robusta invettiva in forma di canzone, o viceversa, che appare quasi isolata nell’atmosfera legata agli altri brani.
Si torna infatti a toni più morbidi, ma senza che i ritmi siano fermi, con Verde, che chiude il disco. E se sulle prime si ritrovano le stesse atmosfere di molta della canzone d’autore contemporanea, la deriva finale prende direzioni del tutto impreviste.
Li si definisce band “art-rock”, ma con questo ep-non-ep i Plunk Extend si dimostrano prima di tutto rock band, capace di cambiare radicalmente mood da un brano all’altro, e a volte anche all’interno dello stesso brano, ma con un grande rispetto per la forza costruttiva e distruttiva del rock.