L’intervista: gli spazi eroici di Emiliano Mazzoni #TraKs

Un pianoforte, una voce profonda e un nuovo disco: Emiliano Mazzoni pubblica Cosa ti sciupa (qui la recensione) erede di Ballo sul posto uscito un paio d’anni fa, e risponde alle domande della nostra intervista.

Sono passati due anni dal tuo esordio “Ballo sul posto”. Che cos’è successo nel periodo fino al tuo nuovo “Cosa ti sciupa”?

Dunque, dopo aver terminato Ballo sul posto abbiamo iniziato le registrazioni del disco nuovo dopo 6 mesi solamente. Io non avevo mai lavorato da solo in coproduzione e avevo voglia di affrontare subito altre canzoni che avevo già nel quaderno.

In più dovevo ristrutturare casa e visto che lavoravamo in casa mia mi sembrava sensato finire le registrazioni prima di buttare giù la casa. Per questo Cosa ti sciupa è stato finito di registrare già a giugno 2013, poi sospeso fino alla fine dei lavori a casa.

Non ha a che fare questo con il processo creativo, ma piuttosto con degli ingombri che dovevo superare senza aver per la testa la produzione del disco nuovo.

Finiti i lavori, che mi hanno spompato sotto il punto di vista fisico ed economico, ci siamo ritrovati con Luca per mixare tutto nel suo studio (Ust Recording Station) in primavera 2014 avendo fatto decantare molto il tutto.

Come nasce e come si sviluppa il rapporto con Luca Rossi (ex Üstmamò)?

La nostra collaborazione è nata dopo la mia ricerca di un aiuto alla produzione di Ballo sul posto. Io non sapevo dove saremmo andati a finire, ma la sua esperienza mescolata al fatto che non abitiamo distanti (vivendo in montagna non è poco) e alla sua disponibilità nel lavorare a casa mia, hanno fatto si che io riuscissi a mantenere un rapporto quotidiano con quello che stavamo facendo, riuscendo a capire anche quali altre cose si sarebbero potute fare, sia dal punto di vista stilistico che pratico.

Così l’idea di Cosa ti sciupa si delineò dopo pochi mesi dalla fine di Ballo sul posto, con una visione un po’ più chiara sulla direzione da prendere nel nuovo lavoro e chi lo sa anche per un prossimo lavoro con canzoni che anche stavolta ho già sul quaderno. Devo molto a Luca.

Sarei curioso di conoscere la genesi di un brano come “Nell’aria c’era un forte odore”, a mio parere uno dei più singolari del disco.

Questo pezzo, come gli altri, nasce già nato come canzone piano e voce, con le armonie e melodie già presenti. Poi, complice anche l’andamento un po’ western, abbiamo cercato di dargli una dimensione se mi è concesso ‘Tarantiniana’, dove potesse trovare uno spazio eroico un protagonista in estrema difficoltà, consolato solo sul finale da un ultimo ricordo che gli torna alla mente.

Il testo è venuto così, io non riesco a stabilire prima di scrivere di che cosa parlerò nella canzone, mi faccio intortare dalle parole che appoggio sulla canzone e che una dopo l’altra ascoltandole cantate mi fanno prendere una direzione che poi seguo se la cosa mi convince.

Di solito faccio abbastanza presto a scrivere il testo, pena il fatto che se non ci riesco in poco tempo sbatto via tutto. Vorrei saper fare in altri modi, più lucidi anche, ma per ora non ci riesco molto.

Vorrei anche conoscere il retroterra di “Non rivedrò più nessuno”, che chiude il disco.

Dunque vedi, mi smentisco subito e alla fine è bello così: la storia di “Non rivedrò più nessuno” non è ne più ne meno quello che capitò ad un mio prozio nel ’43 o la di lì.

Stavo leggendo e aiutando nel mio possibile mia madre a sistemare un libro che aveva scritto, raccontando di aneddoti ed episodi legati alla sua vita e alla sua famiglia e questa storia mi piantò il groppo in gola: mi fece pensare l’assoluta e sconfortevole mancanza di speranza in un ritorno a casa di un ragazzo di 18 anni che saliva in corriera per andare in guerra in Africa e che piangendo lo diceva.

Se questa cosa la conosciamo è perché qualcuno era su quella corriera, una corriera di linea che passava l’Alpe per scendere al treno con altri passeggeri del paese, che rimasero colpiti e riportarono il racconto a casa. Diceva ‘Non rivedrò più i miei amici, non rivedrò più nessuno ’ (in dialetto chiaramente).

Appena mi è venuta quella musica (che buttai giù mentre guardavo il film Billy Elliot) mi ci sono adattato la vicenda in maniera abbastanza giornalistica e sorridendo nello scrivere “un giovane per niente bruno” mosso dal fatto che lui fosse biondo e immaginandolo non “bruno” come l’epoca avrebbe voluto.

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