Un blues raffinato, mescolato alle volute morbide del soul, con qualche opzione di jazz e qualche movimento pop: c’è tutto questo in To Fill My Soul (qui la recensione), il nuovo disco di Robi Zonca, esperto bluesman italiano molto amato anche nelle terre dove il blues è nato. Lo abbiamo intervistato ed ecco come ci ha risposto.
Hai scelto solo ospiti italiani per questo tuo nuovo disco. Perché questa scelta, differente rispetto al passato?
Il disco riflette un periodo complicato della mia vita, di cambiamento, separazione e nuova compagna…. Mi è venuto naturale circondarmi degli amici più cari che anche si sono stretti attorno a me e mi hanno sostenuto umanamente e artisticamente come solo gli amici stretti possono fare.
Poi ho la fortuna di annoverare tra loro gente come Antonello “Jantoman” Aguzzi (tastiere e cori con Elio e le Storie Tese) e Paolo Legramandi (basso e cori con tantissimi artisti), che lavorano con me dal mio primo album, e proprio con loro due ho condiviso la produzione artistica di tutto il progetto.
E poi, davvero, tutti i musicisti italianissimi che ho avuto il piacere di avere con me nell’album non fanno comunque rimpiangere i pur fantastici ospiti USA che ho avuto la fortuna di avere con me in passato.
Vorrei fare i nomi di tutti loro quindi, oltre ai due pards di cui sopra: Teo Marchese alla batteria, Federico Duende percussioni, Nik Carraro chitarra e cori, Cesare Nolli chitarra e batteria, Giorgio Marcelli basso e cori, Tommaso Lando chitarra.
Le premesse erano la mia situazione umana e sentimentale del periodo, ho in pratica raccolto un gruppo di canzoni che lo raccontavano. Sì mi piace definirlo un album di canzoni… “songs”.
Come è nata e come si è sviluppata la collaborazione con Marco Grompi?
Con Marco ci conosciamo da tempo immemorabile, c’è sempre stata stima reciproca. Conoscevo il suo lavoro di autore con i Rusties, sono anche stato loro ospite sia dal vivo che in studio. Io scrivo sempre o quasi partendo dalla musica, e un giorno, cercando di mettere un testo su una delle mie melodie, ho sentito che ci voleva qualcosa di più e mi sono venuti in mente i testi di Marco.
L’ho chiamato e, vista la sua disponibilità a darmi una mano, ci siamo subito messi al lavoro. Devo dire che i suoi testi hanno dato una marcia in più alle mie melodie e sono davvero soddisfatto del suo lavoro poetico, che ha saputo rendere bene i miei sentimenti…. Quelli di dolore e rinascita del periodo che stavo attraversando.
Perché Dylan e perché proprio “Tonight I’ll be staying here with you”, di tutta la sua immensa produzione?
Già dagli anni 70 nelle sale da ballo prediscoteche la suonavo come lento. E la conoscevo nella versione del Jeff Beck group, molto blueseggiante. Tutt’ora nei miei live spesso suono “Just like a woman”.
Sono uno che ha l’età per essere cresciuto con Dylan, e l’ho sempre apprezzato molto come poeta della Beat generation e in assoluto, ma, in questo caso, ho scoperto che il pezzo era di Dylan solo poco prima di cantarlo in studio quando ho scaricato il testo da internet…..!!!! e mi ha fatto piacere, essendo Bob un grande artista che stimo.
Mi piace molto mettere sempre almeno una cover nei miei album, in passato “Spinnin’wheel” di Dave Clayton Thomas, “One after 909” dei Beatles, “Instant Karma” di Lennon e “Give me strength” di Clapton….. Dylan mi mancava!
I tuoi dischi precedenti hanno avuto maggior successo e maggior diffusione all’estero che in Italia: pensi che “To Fill My Soul” potrà cambiare qualcosa in questo senso oppure sei partito nella sua realizzazione già con la consapevolezza che è più facile conquistare l’America che l’Italia…?
Uno spera sempre di essere ascoltato e apprezzato nel suo paese ovviamente, ma personalmente parto sempre con una certa disillusione rispetto all’ambiente blues italiano, la mia musica non è strettamente blues, quella che fa scattare il riconoscimento e forse gli inviti ai Festival Blues, che in Italia sono tanti e comunque ben organizzati da gente appassionata.
Io il blues canonico l’ho suonato tanti anni come sideman, con Andy J Forest, con Treves… a un certo punto, quando mi sono messo in proprio, ho cominciato a suonare quello che mi viene davvero dalla pancia, e non è solo blues, ma è influenzato anche da mille altri suoni che ho incontrato nella mia vita e che mi sono entrati dentro…
A partire dai Beatles e Stones , da bambino, tutto il British blues, Hendrix, BB King, fino agli Steely Dan e mille altri. Credo che questo renda le mie cose sicuramente più adatte al pubblico americano e internazionale in generale, e ne ho la prova dai riscontri dei download… USA, Giappone, UK, Europa tutta, Australia, Canada…