Dalle tecniche di neurofisiopatologia alla musica: e poi dicono che la laurea non serve più a niente. Non è proprio rettilineo il percorso, e neppure il disco, di Cassandra Raffaele, La valigia con le scarpe.
Il disco è uscito a gennaio ed è un debutto, anche se la gavetta di Cassandra è piuttosto capiente: dentro ci sono passaggi televisivi (dalla Dandini a X Factor), premi come Musicultura e simili, incroci di varia natura e soprattutto una personalità viva che la porta a cantare, suonare l’ukelele, autoprodursi e autoarrangiarsi, che poi è quello che facciamo un po’ tutti.
Il disco è divertente e frizzante, su base melodica si stendono invenzioni come quelle de L’occasione, oppure le morbidezze dei viaggi di Le mie valigie.
Nel disco, volendo, si può leggere qualcosa di cantautrici italiane con spiccata fantasia, o anche qualche esempio ben temperato d’Oltralpe, ma c’è soprattutto molto di personale nelle piccole storie o anche nelle considerazioni più generali come quelle di Parole di cartone.
L’ultimo bicchiere, fra gli episodi più intensi del disco, è stata protagonista anche di un video, che riportiamo a fine intervista. Forse ci siamo, tra archi insistenti e perfino qualche vocalizzo blues, racconta con toni quasi trionfali la fine non triste di un amore (o così si direbbe).
E non è che l’argomento o l’umore cambi del tutto con Adesso posso dirti (Fottiti), come se la fine di uno o più amori sia diventata un carburante per accendere nuovi testi. L’alternanza tra divertimento e intensità prosegue con Simili e contrari, ove si parla di farfalle e (ancora) di relazioni.
Di tanto in tanto sembra che sia arrivato il circo in città, musicalmente parlando: è il caso di Io non mi abbatto perché non sono un albero. E si viaggia verso la fine: la morbida Cornice d’acqua, con accenni di swing, lascia spazio a Unoduetre, che fa uso di batteria e di un arrangiamento un po’ più allargato.
E se Aquiloni è la classica canzone d’autore, che però cambia carattere grazie all’intervento rappato di Soulcè, si torna a far festa, tra ottoni, ritmi allegri, immagini estive e qualche pizzico di ska, con Succederà. Cassandra ha risposto a qualche domanda che le abbiamo rivolto.
Tanto per cominciare vorrei che mi raccontassi la tua storia e da dove nasce il titolo dell’album.
La mia è la storia di un’ordinaria follia ben controllata. La storia di una che ha convissuto con la paura di vivere di musica per tanto tempo. La storia di una che si laurea in tecniche di neurofisiopatologia, lavora in ospedale e poi alla fine, praticando una buona dose di coraggio e follia appunto, si concede alla sua “paura”.
Ho avuto la musica attorno sin da piccola. Ma non la vivevo. La incontravo per “hobby” , come un amante. Ma quando l’incontravo era forte. Poi e’ accaduto…
Nel 2011 mi sono dimessa e ho iniziato a scrivere. Ora non se ne esce più. Rido. La valigia è l’istantanea del momento in cui ho iniziato a costruirmi , con le canzoni che scrivevo, anche a seguito della mia scelta così radicale di vita. E’ una valigia molto emozionale come le canzoni, e ha le scarpe, perché transita e mi segue fedelmente.
Ecco, il titolo e’ arrivato da solo…
Mi sembra di sentire una sensazione diffusa di “famiglia” nelle tue canzoni. Quanto di vero e quanto di inventato c’è nelle tue canzoni?
Di vero ci sono i contenuti. Tutti vissuti , se non in prima persona, per via di una casuale raccolta di racconti di fatti e persone che mi circondavano in quel periodo, e inconsapevolmente diventavano motivo d’ispirazione.
L’invenzione sta nella scelta della parola, della nota, nell’abbinamento del colore e nei costumi , anche un po’ esasperati che ho fatto indossare a certi “personaggi” come la donna tappetino.
In effetti, il ritratto della donna de “L’occasione” è abbastanza terrificante. Anche in questo caso: quanto c’è di vita vissuta e quanto di fiction?
Si è molto terrificante e io ne ho conosciuta una simile! Ma ho voluto sdrammatizzare mettendole dei trampoli e facendola diventare un’acrobata! Alla fine la vita è un equilibrio di eccessi e anche le persone insospettabili potrebbero avere tendenze ” tappetine” che non ti aspetti.
E’ tutto un gioco di equilibrio tra follia, “tappetivismo”, dignità, rispetto per se stessi. Io ne ho conosciuta una e ve l’ho raccontata. Puoi trovarci dentro sfaccettature di goffaggine e follia che mi appartengono.
Non ricordo di aver mai intervistato qualcuno che sapesse suonare l’ukelele. Come mai ti è sorta curiosità per questo strumento?
Quattro anni fa ero a San Pellegrino Terme. Vivevo li . Un mio amico lo suonava. L’ho provato: era comodo tra l’altro per il trasporto. Prima ne ho apprezzato la piccolezza e ora mi godo l’allegra grandezza di suono che sa regalare ai brani. Insomma, ora ne sono abbastanza addicted e produce serenità.
Mi puoi raccontare come sta andando e come funziona il tuo Buzz Tour?
Il Buzz tour fa da satellite a quello che il mio modo di propormi e condividere con e nella musica. Utilizzo anche la rete , a parte i live, per farmi conoscere, riprendendomi in posti non convenzionali.
E’ iniziato tutto quattro anni fa per gioco. Ora in molti si riprendono e fanno home session, secret concert. Ma il Buzz è Buzz perché non sai mai dove può realizzarsi! Più assurdi sono e più e’ Buzz.
L’ho fatto dentro una lavanderia a secco, da un ceramista, eccetera. Buzz perché si diffonde “a sciame” sulla rete (dall’ inglese to buzz) dove poi lo lancio come se fosse la tappa di un tour, per attivare la condivisione. Ma il tutto è imprevedibile, come me.