Ologenesi (Vertigo/Believe) è il nuovo album dei Little Pieces of Marmelade, prodotto da Manuel Agnelli, disponibile in cd, vinile e in digitale. Ologenesi, secondo album in studio della band, inizia a prendere forma nell’inverno 2021: DD (voce e batteria) e Frankie (chitarre) dopo ore e ore passate nel loro studio di Filottrano (Ancona) impegnati in infinite session, iniziano la scrittura del disco ponendosi un obiettivo fondamentale: sperimentare per trovare un suono che li portasse esattamente lì dove volevano andare. Quello che cercano è lontano dall’essere il suono HI-FI delle produzioni professionali e patinate e puntano su un suono sporco, istintivo e personale.
Abbiamo iniziato registrando groove di batteria e riff di chitarra. Li abbiamo composti e poi scomposti per poi ricomporli, cuciti per poi scucirli e venire a un dunque incollandoci sopra la linea vocale. Ci siamo divertiti un sacco a testare e collaudare nuove soluzioni creando i brani, incidendo fin da subito le nostre idee
Little Pieces of Marmelade traccia per traccia
Breve e acida, Canzone 1 introduce al disco parlando di chiappe e altro, aprendo il discorso che è oggettivamente debitore di certo rap americano anni Ottanta, pur immerso in sonorità rock scarne e sporche.
Per motivi che sfuggono si prosegue con Canzone 7, un po’ più piena nei suoni, a giocare con qualche loop e con sonorità dai contorni spiccatamente psichedelici.
Giro di basso inquieto e sferzate elettriche distorte per Canzone 2, che racconta di una lei dai contorni un po’ discutibili. Si precipita in un vortice di effetti con Canzone 3, sempre ricca di particolari anatomici, che qui galleggiano su echi e riverberi di varia natura. Problemi di solletico completano un quadro piuttosto straniante.
Sa di ballad Canzone 10, soffusa nei modi e nei toni, perfino accorata negli accenti. L’anima soul rock, molto Prince, emerge del tutto con il procedere del brano, per certi versi il miglior “trip” del disco.
Problemi di sensibilità quelli esplorati in Canzone 6, che è un rock-blues potente e con abiti da garage, forse il primo dell’album un po’ meno Beastie Boys e un po’ più Black Keys, giusto per dare delle coordinate generali. Finale un filo allucinato e con qualche minima allusione sessuale, comunque.
Voce e batteria per l’incipit di Canzone 8. Quando arriva la chitarra trova un contesto hip hop in cui si mescola tutto gioiosamente e giocosamente. Oltre a Prince e al rap, qui viene in mente Beck, ma viene in mente la percezione distinta che i due ragazzi fanno più o meno quello che vogliono come vogliono, e anche piuttosto bene.
“Ho fatto un gran casino man”: Canzone 4 recupera di nuovo sul piano del blues, mescolando però di nuovo le sensazioni, i coretti da lontano, i battiti lenti e precisi, i ruggiti di chitarra.
Canzone 9 si scopre un po’ più tranquilla e limitatamente malinconica: “Solo per te ho scritto versi” e altre questioni simili rivelano che anche i LPOM possono avere un cuore tenero, di tanto in tanto. I tempi sono rallentati e le sonorità abbastanza fiorite, ma anche in questo caso il battito è forte e distinto.
Giochi elettronici e acidi contrassegnano la furia di Canzone 5, che parla di “amici che si sballano ai cortei”, in un labirinto che sa di politico, di social, ma anche di sarcastico. Il brano ha suoni piuttosto furibondi e parossistici.
Veloci, poi più lenti, poi veloci, poi lenti, i ritmi di Canzone 11, che fa dialogare l’hard rock con variazioni molto più fantasiose e sintetiche, soprattutto nella deriva finale.
Finale che sulle prime è morbido, malinconico e con pianoforte: Canzone 12 fa calare il tramonto sul disco in modo melodico e struggente. Ma il brano prosegue per oltre 8 minuti e indossa maschere diverse e anche più aggressive.
Non piacerà a tutti questo tipo di “estremismo”, ma i Little Pieces of Marmelade si confermano duo di grandissimo talento e con grande voglia di sorprendere e sorprendersi. Questo disco “hip hop” prende alcune tendenze già in essere da tempo, le porta al limite e osserva che direzione prendono.
Perciò i due ragazzi marchigiani riescono a inserirsi perfettamente nell’ondata del ritorno del rock che, a livelli diversi e con modi differenziati, si sta registrando in questo autunno: ma al contrario di alcuni vecchi (e apprezzabilissimi) leoni e di appariscenti star internazionali, qui alla sostanza e alla qualità si accoppia anche una sanissima e naturale voglia di sperimentare, che è vitale e che va assecondata in tutto e per tutto.
Genere musicale: rock alternative, crossover
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