Esce per Pitch The Noise Records l’ep di debutto di Lyre dal titolo Queer Beauties, che vede la luce dopo una lunga gestazione di sperimentazione e ricerca sonora. Lyre è il progetto musicale di Serena Brindisi.
“Laghi di luce tenue, in cui forze sottili emergono, contrastanti e misteriose e impossessandosi di un corpo, ne dirigono i gesti, ne plasmano i dettagli del viso e il colore della voce, e ne svelano la bellezza più profonda, intima e pericolosa. Qualcosa fa breccia nella corazza. Una ferita. Rivelazioni che incidono un segno indelebile nel mondo interiore di chi assiste, segnandone per sempre il proprio vissuto. Imponenti come divinità antiche, queste bellezze svelate, femminili, violente e ambigue, col tempo si sono tramutate in specchi in cui ritrovare la propria immagine riflessa da mille angolature. In cui ri-conoscersi ogni giorno”. (Lyre)
Lyre è Serena Brindisi, un’artista di Milano. Il suo progetto musicale nasce a Edimburgo dove, dopo aver lavorato per più di dieci anni come attrice di teatro e performer in Italia, decide di trasferirsi e di rimanere sei anni, per dedicarsi completamente all’altra passione centrale della sua vita, cioè la musica.
E’ stato un processo naturale per lei lasciare l’Italia e trasferirsi in UK, riconoscendo le proprie radici musicali, rispetto al songwriting, in artisti prevalentemente appartenenti al mondo anglosassone. Tom Waits, Billie Holiday e Chet Baker erano infatti ascoltati continuamente in casa, e i colori e le ritmiche del blues, onnipresenti nella sua infanzia. Nasce di conseguenza il bisogno di cantare e scrivere in Inglese, incantata sopratutto dal phrasing e dall’interpretazione di artiste come PJ Harvey, Beth Gibbons e Goldfrapp. Durante questi anni in UK, Lyre si concentra nella scrittura del suo debut album, diviso in due ep: Queer Beauties e Shadows Walk.
Lyre traccia per traccia
Atmosfere subito piuttosto ambigue, quelle offerte da Embers, che apre il disco. Se l’apertura vede voci filtrate e inquietudini alla Blade Runner, ecco la voce calda e malinconica irrompere con forza e dolcezza nel mezzo del brano.
Vibra e striscia Mirrors, proponendo altri e nuovi contrasti tra la voce, particolarmente angelica qui, e le profondità sintetiche che riempiono le casse.
Suoni più isolati e senso del dramma in Dorothy, in cui la voce si moltiplica e si scompone, ma sempre in senso ascendente. Un po’ di Björk entra nelle dinamiche del brano.
Chiusura riservata a Broken Flowers, forse il brano più “pop”, ammesso che si possa usare questa definizione in un contesto simile. Il brano è oscuro e ritmato, quasi tribale e sicuramente inquieto, e chiude l’ep con sentori intensi e quasi disturbanti.
Un’esperienza interessante, quella di Lyre, che nei quattro brani mette a fuoco una poetica particolare e un uso sapiente dei suoni. La sperimentazione riesce a convivere bene con idee mainstream, per un risultato qualitativamente notevole.