Parasol Peak è il nuovo album/film del percussionista pioniere dell’hang, l’austriaco Manu Delago. L’opera è stata realizzata in presa diretta durante una spedizione sulle Alpi, in cui il musicista è stato accompagnato da un ensemble di sette elementi e ha realizzato una raccolta di composizioni in luoghi e altitudini differenti, mescolando il suono degli strumenti a carico con quello degli elementi dalla natura, dal vento all’acqua che scorre nei ruscelli.
L’impresa è stata accuratamente documentata da una serie di riprese che compongono il film che porta lo stesso nome, e che l’artista sta presentando in una serie di anteprime europee. Il film, presentato anche al XXI Cervino Cinemountain Festival qualche settimana fa, ha ricevuto due riconoscimenti: “Premio Montagnes du Monde – miglior film straniero” e ” Premio del Pubblico”.
Manu Delago traccia per traccia
L’apertura dell’album avviene con Parasol Woods, un flusso continuo e intrigante di suoni natural-classici, ma presto la tensione monta in maniera verticale, incalzata dai fiati. Ci sarà anche il tempo di una sorta di rilassamento, verso il finale, ma presto si riparte in modo serrato.
Alpine Brook ha modi più tranquilli, almeno sulle prime, che possono far pensare al jazz, ma senza inquadrarsi mai troppo in schemi o generi. Infatti sono anche le percussioni che si muovono con una certa libertà, in un pezzo dal mood apertamente malinconico.
La seguente North Cluster è molto sommessa, ma fa registrare mosse nervose sul fondo del brano, che avanza a strappi successivi, generando contrasti.
E’ l’hang ad aprire Ridge View: il brano conserva una fascia di tranquillità quasi serena, ma sotto qualcosa di pericoloso si muove, probabilmente una valanga.
Lake Serenade è molto sommessa e piuttosto breve, con un sibilo terminale che introduce direttamente Listening Glacier, il brano successivo. Qui la musica è per flauto e ululati lontani, per poi svilupparsi in modo minimale e suggestivo.
Più festoso e pastoso il clima di Parasol Peak, la title track che cresce molto fin dalle prime battute, fino a ottenere un clima quasi orchestrale.
Il disco ha una chiusura per niente tranquilla: Base Camp celebra l’arrivo con una sorta di festa guidata dai fiati, danzante ma anche un po’ cattiva.
Un carattere forte e molta tenacia è quello che serve sia a scalare le montagne sia a compiere un’impresa artistica di qualsiasi genere. E Manu Delago dimostra ancora una volta come tenacia e talento non manchino mai alle sue imprese.
Genere: ambient, jazz
Se ti piace Manu Delago assaggia anche: Foxtrott
Pagina Facebook