Il violinista di fronte alla sede di via Rovello del Piccolo Teatro di Milano suona (più volte) una versione personale di Hallelujah di Leonard Cohen, di fronte a passanti e turisti distratti dalle vetrine di via Dante. Ma non è per Cohen che i giornalisti si trovano qui questa mattina.
E’ per David Bowie, che ci osserva e ci impone, con gentilezza, il silenzio, da un manifesto del suo Lazarus, ultima opera teatrale nonché sostanziale testamento cui ha posto mano quando già sapeva che il proprio destino era segnato. E naturalmente per l’unica vera rockstar italiana, Manuel Agnelli, che arriva con un discreto ritardo sulla tabella di marcia, in un completo rosso scuro (non mi avventurerò nella scelta di quale tonalità di rosso sia, mica sono un armocromista), aria vagamente incarognita che poi si distende appena si siede tra Massimo Cotto, che modera, e Valter Malosti che si è occupato della versione italiana dello spettacolo, che andrà in scena al Piccolo Teatro Strehler dal 23 al 28 maggio.
Le domande dei giornalisti sono divise abbastanza equamente tra Malosti e Agnelli. Veniamo così a scoprire che la messa in scena è pochissimo broadwayana, con uno spazio unico che contiene attori, musicisti, danzatori, in un’intersezione fra le diverse discipline che vanno a comporre un quadro particolarmente appassionato, emozionale ed energico, benché il tema sia legato alla messa in scena di una fragilità.
“E’ tutta una parte – racconta Manuel quando gli chiedono dell’emozione di interpretare le canzoni di un gigante del genere in scena – scritta per un altro attore, non per Bowie, quindi io non faccio Bowie. E’ chiaramente un grande vantaggio: non devo imitarlo e soprattutto io e la band non stiamo facendo cover di Bowie, non siamo su a rappresentarlo cercando di onorarlo o ricordarlo. Stiamo eseguendo un’opera che è stata scritta perché fosse interpretata da attori, in questo caso anche da musicisti, come può essere l’opera lirica o il teatro di prosa, qualsiasi cosa che sia scritta per qualcun altro. Così come Brecht, Pirandello, Mozart hanno scritto cose che possono essere rappresentate nel tempo e necessariamente da persone diverse da quelle che c’erano quando sono state scritte.
Non mi sono sentito particolarmente responsabile di dover rappresentare Bowie. Semplicemente mi sono calato nella parte, nella quale mi riconosco tantissimo perché i macrotemi che sono trattati nella sceneggiatura sono quelli che viviamo tutti noi e che io a 57 anni ho vissuto più volte e quindi mi ci riconosco. Non è neppure difficile immedesimarmi nella parte, me lo trovo proprio cucito addosso. In questo Valter è stato molto bravo a mettermi subito a fuoco ma soprattutto a scegliermi, perché penso che abbia fatto un lavoro molto preciso nella scelta dei ruoli.
D’altra parte sto scoprendo anche delle cose della mia voce che, portate in quella direzione, prima non conoscevo. Quindi è un rapporto di conoscenza personale perché recitare questa parte prevede una indagine verso se stessi, sul subconscio, su cose che magari abbiamo paura di affrontare. E poi c’è una parte musicale che mi sta facendo conoscere delle cose per me esaltanti”.
Malosti spiega come lo spettacolo sia completamente diverso dalla versione americana, con le canzoni in versione originale ma tradotta.
E Agnelli aggiunge: “Indirettamente penso di aver spalleggiato Valter nel portare quest’opera lontano da quella che hanno realizzato a Broadway. La prima cosa che gli ho chiesto è: quanta carta bianca abbiamo per portare questo spettacolo lontano dal musical? E lui ha confermato che ne avevamo. Perché mi sarebbe piaciuto riavvicinare questo spettacolo a Bowie, con una parte anche più oscura che riguarda questa storia, rispetto a Broadway, forse era più effimero come show. Lì alcune parti del protagonista sembravano quasi leggere.
E poi forse anche il fatto che io non ho paura di lasciarmi andare emotivamente sul palco. E siccome questo è uno spettacolo prima di tutto emozionale, ci ho messo di mio questo: il fatto di non recitare in maniera scolastica, quindi comunque mettendoci del mio”.
Manuel racconta anche delle proprie analogie rispetto al personaggio di Newton, l’alieno al centro dello spettacolo, e anche del privilegio di aprire strade nuove rispetto a quello che ha sempre fatto: “E’ una cosa che io sempre cercato, lo sto cercando facendo mille cose, un luogo. E forse è proprio nel tentativo, nel viaggio, nel movimento, per buttare fuori tutta l’energia”.
La via energetica e la grandezza di Bowie

Si parla anche di Casadilego, che è parte importante dello spettacolo e che è stata “scelta” dalla figlia di Malosti che l’ha suggerita al padre, ma che ha superato un’audizione per ottenere la parte. Invece quando si chiede a Malosti se aveva valutato qualche altro potenziale protagonista al posto di Agnelli, Manuel interviene quasi gridando: “Morgan!“, il che provoca l’ilarità inevitabile della platea.
A un certo punto qualcuno chiede a Manuel perché il fan di Bowie deve venire a vedere lo spettacolo e la risposta è: “Perché è un’opera nuova di David Bowie: non è una parte celebrativa di quello che ha fatto, del suo repertorio. E’ un’opera viva: non è una cover band che cerca di celebrare il percorso, l’opera, la grandezza di Bowie. E’ una delle cose nuove, l’ultima che ha fatto. Ci può trovare la parte emotiva molto molto forte, che siamo poco abituati qui ad accettare. Anche quando scriviamo le cose andiamo sempre a giustificarle in modo che siano presentabili e se riusciamo a renderle presentabili, allora va bene.
In realtà qui non c’è questo tentativo. Forse anche per questo rimane aperta una sorta di via energetica che il pubblico sente, secondo me, proprio perché lo spettacolo non ha una via così stretta e claustrofobica. Forse per questo il pubblico si sente così coinvolto. E’ bello indubbiamente per i fan di Bowie, ma è bello per tutti: abbiamo avuto abbonati di 80 anni e ragazzini che sono rimasti entusiasti”
Manuel aggiunge che ci sono musicisti fantastici che hanno in qualche modo reinterpretato le canzoni. Band che include strumentisti ben noti, sulla scena indipendente e non, come Laura Agnusdei, Jacopo Battaglia, Ramon Moro, Amedeo Perri, Giacomo Rost Rossetti, Stefano Pilla e Paolo Spaccamonti.
In America lo spettacolo ha dato vita a un disco, per cui la richiesta è quella se ci sarà un’operazione analoga in Italia. Manuel appare perplesso e afferma che a quel punto, benché l’operazione di per sé sia valida, potrebbe in quel caso portare a ulteriori problematiche. O meglio: “Bisogna vedere se abbiamo voglia di questa rottura di coglioni del confronto impossibile con David Bowie al di fuori di un contesto dove il confronto è necessario”.
Malosti cita anche Outside, disco di Bowie fantastico ma non fra i più conosciuti, fra le ispirazioni fondamentali di questo spettacolo. Poi tocca a noi di TRAKS fare una domanda e scegliamo di chiedere se portare a Milano quest’opera rappresenti un’emozione diversa per Manuel, e anche quale tipo di connessione “umana” ci sia per lui con Bowie.
“Sì rappresenta un’emozione diversa, è anche per questo che ho accettato questa sfida, dove c’è un testo molto importante. Non è un testo da musical che serve soltanto a connettere un pezzo musicale con un altro. Quindi anche per me è un modo nuovo di sentire il palco e di provare il palco, perché recitare a teatro è qualcosa che non ho mai fatto. Ed è un modo di provare la voce e di conoscersi, di provare anche quel tipo di emozione, non attraverso la musica ma trasferita in un altro modo.
Riguardo alla mia connessione con Bowie: io non ho mai conosciuto Bowie, posso soltanto immaginare alcune cose. Per esempio la grande libertà, dal punto di vista musicale. Il suo ultimo messaggio agli artisti era: “Fate quello che volete”. Che vuol dire fare quello che si vuole veramente, non quello che è accettabile all’interno di ambienti diversi. E questa è una cosa che mi tengo ben stretta”.
La conferenza stampa si chiude su un paio di opinioni espresse a proposito del concerto di Bruce Springsteen di Ferrara, in cui Manuel sottolinea con forza, intensità e passione come si dimentichi sempre che organizzare un concerto, soprattutto di quella portata, sia soprattutto un lavoro per tantissime persone, non esattamente un giochetto da annullare in quattro e quattr’otto. Ma ovviamente poi i titoli sui giornali li prende la frase per cui si dice sorpreso perché il Boss non ha donato i ricavi alle famiglie delle vittime del disastro. Confermando, di fatto, che in questo Paese i primi a pensare che organizzare concerti non sia un lavoro vero siano i giornalisti musicali.
Lazarus, opera rock di David Bowie ed Enda Walsh
Uno spettacolo di Valter Malosti con protagonista Manuel Agnelli
Piccolo Teatro Strehler dal 23 al 28 maggio
Teatro Comunale di Ferrara dal 1° al 3 giugno
Teatro Carignano di Torino dal 6 al 18 giugno
Teatro Piccinni di Bari 22 e 23 giugno
Pagina Instagram Manuel Agnelli