Puoi raccontare la tua storia fin qui?
L’interesse per la musica mi ha da sempre accompagnato. Da quando mi ricordo sono sempre stato attratto dai suoni che avrei potuto produrre con lo strumento di turno. Parola d’ordine: sperimentazione. Ho incanalato questa passione giocando dapprima con la chitarra, ricevendo i primi rudimenti da mio padre e poi proseguendo come autodidatta.
Poi, intorno ai quindici anni iniziai a prendere lezioni di batteria e iniziai a suonare in una band musica heavy metal. Alcune apparizioni pubbliche in rassegne e piccoli locali, poi una interruzione che mi ha riportato alla chitarra. Ho iniziato qui ad interessarmi alla composizione: con le mie invenzioni ho riempito decine di nastri per pura soddisfazione personale. Ero interessato alla ricerca di accostamenti personali, e provavo finché non ne trovavo qualcuno che mi soddisfacesse pienamente. Ripresa la batteria intrapresi un’avventura più seria, ormai in età adulta, all’interno di un gruppo di rhythm’n blues.
Puoi raccontare da quali ispirazioni e in quali circostanze nasce “Lunar”?
Ormai preso dagli impegni di lavoro e di famiglia avevo lasciato la musica in secondo piano. Fino a quando iniziai a esplorare Garage Band: il mio lavoro di graphic designer mi riserva il piacere di usare il Mac, e con esso scopro questa applicazione per la composizione musicale che è parte del software nativo. Riemerse quindi a gran forza la mia antica passione per la composizione. Iniziai a scoprire le grandi opportunità espressive del Mac con i suoni Roland associato alla tastiera Midi.
Con questo nuovo, potente strumento iniziai a sviluppare le sperimentazioni che sarebbero diventate un album quando il tempo me lo permetteva, cioè di notte: Lunar è un progetto sperimentale totalmente individuale, frutto della mia ricerca sonora notturna nel corso di 6 anni di gestazione.
Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato nel realizzare il disco, se ci sono state?
Man mano che il progetto prendeva forma diventavo sempre più esigente: non ero soddisfatto se trovavo incertezze o imprecisioni, e non avendo alle spalle uno studio professionale, e potendo disporre del tempo in maniera frammentaria ho rischiato in più occasioni che i brani andassero alla deriva senza trovare un compimento. La forte motivazione, scaturita dalla soddisfazione dei risultati via via raggiunti ha avuto la meglio, ma non è stato facile non perdere la rotta e arrivare alla fine. Mi ha aiutato anche avere le idee chiare in testa, sul disegno generale del lavoro che volevo realizzare, e sulle atmosfere che stavo perseguendo.
Puoi raccontare la strumentazione principale che hai utilizzato per suonare in questo disco?
L’album apre in maniera totalmente elettronica, dal sapore vintage, e le prime tracce sono prodotte dalla composizione con programmi di editing musicale ed un grosso lavoro di cesello. Nell’avanzare delle 8 tracce Lunar si inoltra verso terreni più sperimentali, e nel contempo più acustici: si aggiungono sempre più strumenti ai quali mi alterno e che registro su varie tracce.
Inizio con la tastiera midi, aggiungo il flauto traverso, un basso elettrico d’epoca, una chitarra acustica, la batteria che registro in uno studio sotto casa. Con questi interventi l’album si avvicina ai territori della psichedelica e della musica progressive. Per il brano di chiusura vado alla ricerca di uno studio con un pianoforte a coda da concerto e registro la conclusione minimalista, riprendendo una composizione che avevo registrato su un vecchio nastro hi8 in un lontano passato. Verrà trasmessa in una puntata della trasmissione “Eclettica” di Giulio Caperdoni.
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimi di più in questo momento e perché?
Massimo Ruberti, in primis, un compositore e musicista anch’egli legato alle atmosfere della prima musica elettronica, della Kosmische Musik tedesca e anglosassone alla Boards of Canada. Un artista indipendente toscano a mio avviso di grande talento. Trovo che riesca nel difficile intento di emozionare con la sua musica, e restare comunque comprensibile pur non essendo commerciale. Ogni tanto comunichiamo via web e ci siamo scambiati via posta i nostri lavori.
Puoi indicare tre brani, italiani o stranieri, che ti hanno influenzato particolarmente?
Warszawa, dell’album Low di David Bowie e Brian Eno
Echoes, dei Pink Floyd
Waiting, dei Porcupine Tree