Is this love that I’m feeling? L’aria che si respira all’Arena del Mare in questo venerdì sera di Goa-Boa Festival è quella dell’attesa di qualcuno a cui si vuole bene: sul palco la protagonista sarà Margherita Vicario ed è facile capirne il perché. Saranno gli occhi giganti e pieni di emozione, il modo di fare scanzonato, la dolcezza travestita da irriverenza o forse solo la spontaneità con cui sottolinea i paragrafi più interessanti di quel che la circonda, ma non si può fare a meno di voler bene alla queen del pop intelligente made in Italy.
I cancelli aprono presto, accolgono i primi fedelissimi che guadagnano i posti nelle prime file, aspettando l’arrivo dei primi artisti a esibirsi, i bergamaschi Iside. Le canzoni del loro ultimo lavoro, Anatomia Cristallo, sono figlie di infinite contaminazioni tra il pop e il rap, dominate da una vena dark e da un talento indiscutibile. Gonna, Crisi v8, Faccio Schifo v4 e Margherita (dedicata ovviamente all’headliner della serata) sono i titoli di alcune delle tracce proposte. La voglia di ascoltarne ancora quando invece si preparano a lasciare il palco è il migliore dei risultati possibili, e l’ascolto con calma e in cuffia del loro album diventa uno dei memo sul telefono per i prossimi giorni.
Il sole tramonta all’insegna del talento con Bais, all’anagrafe Luca Zambelli, cantautore scazzato alla Calcutta ma con attitudine decisamente lontana dal collega di Latina. La sua ultima uscita si intitola Apnea, un disco che lo stesso artista ha definito acquatico, da ascoltare con la testa per aria e i piedi staccati da terra. L’atmosfera in cui i suoni conducono è in effetti quella senza contorno, senza bisogno di stabilire o definire. Spiccano, tra le tante proposte, le tracce Vudù e Mina, non a caso tra le più ascoltate sulle piattaforme di streaming, e una nuova canzone regalata in anteprima. Il pubblico partecipa, sostiene, scalda la performance acustica, che vede Bais muoversi tra i tasti e le corde e Mattia Salvadori alla tromba che intensamente trasporta ancora più lontano. Ringraziamenti di rito ma sinceri, tra cui a Nicola degli Iside per avergli prestato lo sgabello: le piccole cose fanno tanto festival.
Sono quasi le 22, Margherita è attesa da un pubblico in fermento che la chiama a gran voce. I musicisti salgono sul palco insieme alla pazzesca cantante Micol Touadi, e inizia l’estrazione dei numeri vincenti del Bingo Tour, scatenando una pseudo caccia al tesoro per ritrovare le cartelle consegnate all’ingresso.
Ed è proprio con Bingo che inizia la festa colorata targata Vicario, seguita dall’energia di Orango Tango e da Romeo: il bello dei suoi live è che tutti sorridono: chi canta, chi si muove a tempo e chi balla proprio, chi prova a ricordare tutte le parole ma è davvero un casino, ma come fa? Ma tutti sorridono. È forse la freschezza con cui fa autoironia, l’intelligenza mascherata da ingenuità, il coraggio di ballare mentre si prende una posizione, facendolo sui tacchi alti che stringono e che dopo un po’ meglio scalza ma libera di ballare come questo pubblico merita.
“Vuoi che te la firmi o te la rovino?” ironizza Margherita, mostrando la borsa Liberté, Egalité, Abauè alla vincitrice dell’estrazione. È il momento di Castagne, dedicata alla famiglia e decisamente meno ballabile, de La Matrona, che mette in luce nuove sfumature dell’artista romana, e Per Un Bacio, in cui voce e presenza scenica si mescolano perfettamente.
Giubbottino è immancabile, così come la combo di Pincio e Come va?, sempre commoventi se ascoltate con il giusto cuore, a cui necessariamente occorre far seguire la hit estiva per eccellenza Piña Colada per far ballare con un po’ più di leggerezza. “Che poi le mie canzoni sono tutte tristi, solo che uno balla e non ci pensa“. Ma forse a volte è necessario richiamare l’attenzione: Come noi, uno dei pezzi più ispirati, viene introdotto ricordando i fatti di Genova di vent’anni fa durante il G8 con tutta la dolcezza e tutta la fermezza possibile, mettendo un bel metro abbondante di distanza da quelli come voi non solo per la pandemia in corso.
Torna la cassa dritta a mettere tutti d’accordo con Is This Love versione dance, ricordando i tempi in cui si poteva anche andare in discoteca, arrivando all’immancabile Mandela invocata a gran voce dalle prime file, e da un finale quasi da coro gospel con Abauè (morte di un trap boy) con tanto di pubblico impegnato in un coro suddiviso in voci maschili e femminili, perché “un funerale, se c’è tanta gente, è un po’ meno triste”. Doveva essere davvero l’ultima, saluti e baci, ma poco dopo torna sul palco da sola per regalare Nota Bene, un piccolo elenco di cose importanti suonata al piano, “perché ogni volta chiudo i concerti così e se poi non lo faccio, metti che poi mi mette sotto un tram e non l’ho fatta e mi dispiace“.
Is this love? Chissà. Però bisognerebbe sempre andar via così da un concerto. Sorridendo, che questo è il tuo posto.
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