Anticipato dai singoli No mare, Deja vu e La chitarra, Lumache è il disco d’esordio di Maronna, in uscita per Orto Records . L’album mette insieme otto tracce che ballano su svariate piste differenti, unendo sonorità itpop a influenze maggiormente elettroniche e synthpop, così come momenti squisitamente funky.
Lumache è il bagaglio sonoro degli ultimi tre anni di Maronna. I primi singoli più qualche inedito per raccontare i déjà-vu amorosi, il fumo delle sigarette elettroniche, la voglia di ballare. Con il suo itpop da beach party e gli influssi di musica elettronica, Lumache è un inno alla leggerezza e un invito a tenere lo sguardo sempre fisso sulla luce in fondo al tunnel
Maronna traccia per traccia
Beat tamarro dancepop anni ’80, citazione da Conte/Celentano, e un grido/ritornello che non c’entra niente: Mahatma apre così le danze, condendo il tutto con un “immensamente noi” che fa pensare a Raf (e tutto sommato stavo meglio prima).
Un po’ più intima, ma senza esagerare con le timidezze, ecco poi Sparirai, che allarga lo sguardo e si fa un po’ ballad, pur senza rinunciare al ritmo.
C’è sollievo nelle aperture di No Mare, che insiste sui ritmi ma si consente anche qualche apertura, per raccontare meglio di sguardi che stritolano il cervello.
A proposito di cose già viste, ecco Deja Vu, che continua con l’alternanza forte/piano, ma con qualche escursione quasi dissonante. Riparte il battito per accompagnare La chitarra, che però rimane su umori malinconici, raccontando dell’aria del tramonto di Mykonos, ma con idee evidentemente nostalgiche.
Tessiture fitte e colori più scuri quelli di Marzo, che privilegia il basso elettrico, con qualche piccolo squarcio elettronico. I ricordi sono sempre al centro del testo, e sostanzialmente di tutti i testi del disco, fra tango, mango e mémoires de France.
Si procede Contromano con un beat che si allarga e si scompone, per un pezzo curioso e suscettibile di sonorità cangianti. A chiudere, ecco DJ nella pioggia, un’ultima traccia che accompagna con tranquillità e un pizzico di tristezza verso il finale.
Linguaggio semplice, nostalgie sonore abbastanza evidenti ma un prodotto confezionato bene, quello di Maronna. Mai stato gran tifoso di quel periodo lì della musica italiana (ma c’è gente che rivaluta Jerry Calà e i Vanzina, perciò è veramente tutto possibile), ma le idee del Gianmarco Bellardini e Andrea Parascandolo, le due menti del progetto, sono gestite in modo divertente. E tutto sommato può anche bastare così.