Si intitola Migrations il debutto dei Mojis. Le migrazioni a cui allude la band anglo-campana sono quelle che hanno caratterizzato la vita artistica del cantante, dagli inizi metal ai tempi dell’università in Galles, passando per il folk-jazz del progetto omonimo (Marco Spiezia, con l’album Life in Flip-Flops) sviluppato tra la Cornovaglia e l’Italia, fino a giungere all’odierno guitar oriented rock. Dedicato a E.F. Schumacher (importante economista e scrittore di Small Is Beautiful a cui si inspira una delle canzoni), Migrations racchiude in sé tematiche di diversi generi, senza snaturare il rock di cui è figlio.
Mojis traccia per traccia
La partenza, con Broken Chord, è morbida e avvolgente, con chiari influssi di songwriting anglosassone. Molto più aggressiva Dog’s Teeth, calata in pieno in ambiente di rock molto ritmato. Cadenze simili anche in New Found Land, accelerata e spiritata.
Different Shoes al contrario è una ballad dagli accentuati caratteri melodici. Si torna alle chitarre ruggenti e anche un po’ vintage con Lady Death. Find the People accoglie qualche influsso blues, confrontandosi con la realtà circostante e buttando in gioco anche l’hammond.
Si passa quasi a un reggae elettrico con Small is Beautiful, già citata e dedicata all’economista Schumacher. Altra ballatona con I’m With You, prima di chiudere con The Night is Over, che al contrario di quello che promette il testo è pezzo notturno e anche piuttosto “urban”.
Non esageratamente originale, il mix sonoro proposto dai Mojis. Ma qualche scintilla di spirito più che gradevole qui e là si scorge.