Esce domani, 18 novembre, In Other Words We Are Three, primo lavoro dei Moon In June, band formata da Giorgio Marcelli (basso, voce), Massimiliano ‘Budo’ Tonolini (batteria) e Cristian Barbieri (chitarra), musicisti della scena bresciana già al lavoro con progetti come Annie Hall, Le Man Avec Les Lunettes, Claudia Is On The Sofa, Il Sindaco e Jesus Etc..
Fin dal nome scelto per rappresentarsi – che omaggia una suite scritta da Robert Wyatt per l’album “Third” dei Soft Machine – i tre testimoniano una genuina devozione al rock in lingua inglese, faro di una navigazione intimamente blues che si fonde con una scrittura tipicamente pop-rock ma concedendosi qualche deviazione nel grunge e alcune fascinazioni psichedeliche di stampo british.
Moon in June traccia per traccia
Inizio tranquillo per Desert, la traccia d’apertura del disco, che però dimostra di avere una doppia vita e lascia, da metà in avanti, libertà alle propensioni psichedeliche della band. Buone linee di basso per Again, che si muove su linee moderate. Stesso quadro anche per Ready or not, che però accentua le caratteristiche rock-blues.
Velocità e caratteristiche di alternative internazionale per The Picture, che fa pensare a band come i Gomez. Something Sweet alza un po’ i ritmi, pur concedendosi qualche piccola pausa al buio. Movin’ slow tiene parzialmente fede al proprio titolo, finendo per risultare piuttosto soffice.
Qualche artiglio in più lo sfodera invece People at the windows, mentre Videopoker si allarga ad affresco elettrico. Velocità più alta in Please don’t care about me, che regala qualche sprazzo di sano rock’n’roll e anche qualche assolo di chitarra, con qualche sensazione psichedelica sullo sfondo. Si sfocia in cori e in un drumming evidente con When We Met, che si stacca dal resto del disco per un lavoro un po’ meno di squadra e un po’ più solistico. Si chiude con Angelene, cover di PJ Harvey, che assume toni drammatici e li sottolinea con il comportamento a scatti della chitarra.
Un buon disco, con sonorità ben gestite e buona ispirazione, quello dei Moon in June. I pezzi che convincono di più sono quelli che lasciano le briglie più sciolte e l’impressione che rimane del disco è che molti pezzi non potranno che trarre ulteriore giovamento nelle esibizioni dal vivo.
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