Moostroo, il paradosso degli eterni esordienti

moostroo

Musica per adulti è il secondo e più recente disco dei Moostroo: il trio è maturato bene, ha composto canzoni che prendono dal rock e restituiscono alla canzone d’autore, collaborano con pochi selezionati elementi e si mettono in gioco in maniera intelligente (qui la recensione del disco). Li abbiamo intervistati.

Un dato che salta agli occhi è che fra i vostri due dischi ci sono stati ben 67 concerti. Che cosa vi ha lasciato e che cosa ha lasciato all’album questo patrimonio live?

Suonare dal vivo è la parte più libidinosa di tutto il progetto (è un’ovvietà). Per organizzare un tour del genere c’è bisogno di qualcuno che faccia un gran lavoro di booking. Noi grazie ad Hashtag., che è un collettivo di gruppi guidato da persone d’esperienza e giovani volenterosi, abbiamo avuto con questo progetto un succulento calendario.

Sono vent’anni che calchiamo i palchi (a partire da precedenti progetti), abbiamo suonato in situazioni veramente assurde e la cosa paradossale è risultare eterni esordienti, ma l’Italia è un paese paradossale e forse un po’ anche noi, a guardarci da vicino. Avere un booking ci ha di certo agevolato. Per rispondere più puntualmente alla domanda, i live servono a guadagnare in sicurezza nell’esibizione e a fare ricerca del suono, due fattori che inevitabilmente si sono riversati in questo secondo disco, che è meglio suonato e con più intenzione rispetto al primo.

Potete spiegare i concetti base da cui nasce “Musica per adulti”?

Due sono principalmente i concetti base: una costatazione e una provocazione. La costatazione è la nostra età anagrafica, ben lungi dalla fine di vent’anni, che ha portato con sé nuove responsabilità e consapevolezze, prima fra tutte la macchinosità dell’età adulta nel gestire le cose della quotidianità, camuffate spesso da odiose sovrastrutture. È l’esatto contrario della spontaneità e della spensieratezza infantile, e questo dato di fatto è una bella sberla sul nostro muso, quando lo si individua concretamente.

La provocazione invece è verso un certo giovanilismo diffuso che concorre alla deriva generale della società e lo diciamo consapevoli della nostra parte di responsabilità. La fatica, la determinazione, la costanza, una certa forma di sacrificio sono necessari per uscire dal limbo della pappa pronta, del culo parato da papi e mami. Poi è un dato di fatto che i giovani oggi in questo paese sono oppressi e castrati, soprattutto per ciò che concerne i progetti sul futuro. Ciò che manca è la rabbia dell’oppresso e la cosa triste è la compensazione narcisistica indotta dai social network, che è sterile, vacua e infruttuosa.

Potete raccontare come nascono e si sono sviluppate le collaborazioni presenti sul disco?

Ci piace collaborare con persone che ci interessano perché da loro impariamo e ne usciamo sempre arricchiti, speriamo valga il contrario. Quindi quando parte la produzione del disco, per evitare di avvitarci su noi stessi e rimanere immobili in un mulinello di autocompiacimento, iniziamo a coinvolgere chi può aiutarci a progredire. E ciò in tutto: dalle prove, all’ascolto dei demo, alla pre-produzione, al lavoro in studio, al progetto grafico, alla promozione fino ai live e alla realizzazione dei videoclip.

Abbiamo iniziato tanti anni fa seguendo la pratica del “do it yourself”, suonando come buskers per strada, collaborando con altri gruppi anche in progetti a sfondo sociale, questo bagaglio di esperienze si è travasato nella nostra attitudine artigianale, nella voglia di mettere mano alle cose collaborando con chi sa farlo e a nostro avviso bene. Per ora nella produzione, siamo fortemente radicati sul territorio, perché le potenzialità creative della nostra terra sono in uno stato di grazia.

Se dovessimo contare quante persone ci hanno aiutato per arrivare a questo secondo disco, scopriremmo che anche se suoniamo solo in tre, siamo una sorta di grande famiglia aperta. È come se il MOOSTROO avesse un nocciolo ben compatto attorno a cui facciamo gravitare un nugolo di collaborazioni che danno polpa.

Citiamoli: Alez Giovanniello con Hashtag , Macramè – trame comunicative come ufficio stampa, Francesco Invernici dell’Omicron Studio che ci ha registrato e in definitiva prodotto in studio, Stefano Gipponi de Le Capre a Sonagli nella pre-produzione, Luca Barachetti che ha scritto e cantato Usura, Giuseppe Falco de Le Capre a Sonagli e Karenina come chitarra in Ostinato amore, Leonardo Gatti al violoncello, Alessandro Villa che ha ideato e realizzato tutta la grafica del disco, Luciano Togni attore nel prossimo imminente video e Gigi Tufano nella post produzione video, Alessandro Adelio Rossi che ha realizzato la grafica delle nuove magliette e poi un sacco di amici che ci hanno sostenuto e aiutato, che non citiamo per evitar di scordarne qualcuno.

Moostroo: sembra un delirio terapeutico

Vorrei sapere come nasce “Regalami”.

Nel disco suona come una tregua. È una ballata scritta quando il bisogno di amore gratuito, disimpegnato, puro, immediato si fa bisogno vitale. È la descrizione di uno stato d’estasi. Non ha nulla di erotico: potrebbe essere un amore genitoriale. È anche un’invocazione: chiedo un amore intimo perché l’odio è ovunque. L’immagine evocativa potrebbe essere quella di una fiammella di candela accesa dopo anni di buio: una liberazione.

Inoltre suona come più cantautorale rispetto alle altre canzoni, ma è solo l’impressione che dà poiché conforme allo standard cantautorale, soprattutto nell’arrangiamento.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Cerchiamo di suonare per sottrazione, compatibilmente con il desiderio di dare fragore ai pezzi, di conseguenza siamo partiti col ridurre il set di batteria. Nel disco suona acustica, abbiamo fatto prese ambientali con l’idea di dare calore al groove ritmico. Igor ha un tocco molto personale, nel disco si colgono le sue trame ritmiche dotate di anima. Ciò poteva essere reso solo suonando dal vivo con una microfonazione ambientale.

Il basso è la colonna vertebrale del disco. Franz ne suona principalmente due: uno pressoché normale, con un’effettistica che alterna morbidezza e rudezza, l’altro è un basso di sua creazione, si tratta di un basso fretless a due corde debitamente accordato, che suona con un bottleneck. La linea di basso ha una specifica caratteristica che è quella di creare raccordo armonico ma fortemente orientato verso la melodia, insomma è un basso che canta al punto da diventare spesso strumento solista.

Infine Dulco suona una silent guitar (una chitarra classica senza cassa) che elabora attraverso un overdrive valvolare che gli conferisce il tipico suono poderoso. Nel disco, la regia del suono è stata di Franz, ma l’Omicron Studio di Capriolo (BS) in cui abbiamo registrato, grazie a Francesco Invernici, ci ha fatto una sostanziale differenza. Francesco infatti ci ha magistralmente accompagnato, spesso anticipando il nostro immaginario sonoro, ma soprattutto supportandoci con strumenti di cui nel disco si può gustare la qualità.

Potete descrivere i vostri concerti? Quali saranno le prossime date che vi vedranno coinvolti?

Ci piace molto suonare in tensione ed è perciò il tiro che diamo ai pezzi. Sono canzoni spesso divise tra calma apparente e fragore liberatorio. Inoltre possiamo dire che i concerti hanno un che di psicodrammatico: c’è tensione emotiva e messa in scena, sempre. Più semplicemente saliamo sempre sul palco con l’idea di liberare la tensione emotiva attraverso ciò che cantiamo.

Insomma sembra un delirio terapeutico e in parte lo è. La cosa più potente è la forma ritualistica che assume. C’è un lavoro di empatia che si instaura con chi ci ascolta e tutto diventa per l’appunto un piccolo rituale catartico. Ciò accade in forme diverse a seconda del live, sta di fatto che ne usciamo sempre eviscerati.

Le prossime date confermate:
• 20 gennaio 2017 – Serraglio, Milano
• 28 gennaio 2017 – Edonè, Bergamo
• 04 febbraio 2017 – Arci Base, Palazzolo S/O
• 10 febbraio 2017 – Paniere, Crema
• 24 febbraio 2017 – Agorà, Cusano Milanino
• 12 marzo 2017 – Belleville, Paratico
• 8 aprile 2017 – Sound, Soresina
• 14 aprile 2017 – Joe Koala, Osio Sopra
• 22 aprile 2017 – Live, Trezzo s/adda

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

È una domanda complicata a cui facciamo fatica a rispondere in qualità di trio: abbiamo tra noi ascolti disomogenei. Tuttavia ciò che fieramente constatiamo è di appartenere a un territorio veramente florido di creatività in ciò che genericamente – e senza fare torto a nessuno – potremmo chiamare popular music emergente.

La provincia bergamasca, e non solo, vive una stagione d’oro. Musicalmente ci sono tantissimi progetti interessanti, se non d’ispirazione. Sui contenuti però è evidente che viviamo in un periodo di disorientamento, mancano soprattutto parole importanti e idee motrici. Ci sono interessanti autori, ma forse troppo pochi.

Potete indicare tre brani, italiani o stranieri, che vi hanno influenzato particolarmente?

In questo giro sicuramente:
• Massive Attack – Girl I Love You – da Heligoland (2010)
• Nick Cave & The Bad Seeds – Henry Lee – da Murder Ballads (1996)
• Morphine – Thursday – da Cure for pain (1993)