Paolo Data presenta un nuovo disco, Vacanze fuori stagione: dieci canzoni che valorizzano un’esperienza decennale per raccontare la vita vista da un quasi cinquantenne. Dietro al nome Paolo Data ), a differenza di quanto si può pensare, non si nasconde una sola persona ma un intero gruppo, composto di musicisti di lunghissima esperienza musicale. Abbiamo rivolto qualche domanda a Paolo Data.
Come e perché nasce la band “Paolo Data”?
La band Paolo Data nasce dall’amicizia tra i suoi 5 componenti e dal comune interesse per la musica, soprattutto quella degli anni 60/70. Oltre che dalla “necessità” di scrivere canzoni come strumento di comunicazione.
Nell’autopresentazione sottolineate come siate tutti oltre i 40 anni. Quanto hanno inciso esperienza ed età in questo progetto?
L’età media dei componenti della band è over 40 e questo è stato un fattore fondamentale per la scelta artistica del progetto Vacanze fuori stagione.
Abbiamo voluto realizzare un disco che ci rappresenti in modo sincero, senza badare minimamente a quelle che si definiscono leggi del mercato discografico.
Le canzoni riunite in “Vacanze fuori stagione” sono frutto di un lavoro lungo nel tempo oppure più rapide e recenti?
Le canzoni sono frutto di un paio d’anni di lavoro, considerando la prima stesura e i successivi arrangiamenti.
Come nasce “La grande bugia”?
“La grande bugia” nasce dalla ricerca della serenità, con la consapevolezza che è una ricerca senza fine e il risultato sembra improbabile. La costrizione delle nostre vite rivendica il bisogno di maggiore libertà.
Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?
La strumentazione usata per la realizzazione del disco è quella standard per il genere rock pop: batteria acustica, basso elettrico, chitarre acustiche ed elettriche, pianoforte e tastriere. L’intenzione era quella di dare alle canzoni sonorità vintage.
Potete descrivere i vostri concerti? Quali saranno le prossime date che vi vedranno coinvolti?
Prima della fine del 2016 abbiamo un paio di date in Canavese. Una in teatro e l’altra in un pub. La dimensione teatrale è quella che ci interessa di più perché vorremmo riproporre la formula del teatro canzone, in cui oltre all’esecuzione live delle canzoni del disco c’è anche una parte narrativa che le introduce. In più, nel nostro spettacolo, siamo accompagnati da un curioso personaggio di nome Virgil, la nostra guida spirituale …
Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?
Ascolto volentieri i Subsonica e apprezzo molto un artista di origini italiane: Paolo Nutini
Potete indicare tre brani, italiani o stranieri, che vi hanno influenzato particolarmente?
Più che singole canzoni i gruppi che ci hanno più influenzato sono gli Who, i Genesis e i Rolling Stones e in Italia Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber e Lucio
Dalla
Paolo Data traccia per traccia
Parte in modo piuttosto oscuro L’ipotesi migliore, traccia d’apertura del disco, ma piano piano il discorso si ammorbidisce, estendendo le proprie qualità cantautorali, accompagnate da sonorità morbide che includono anche i fiati. Si procede con Vedo doppio, plastica fin dalle prime battute, guadagna spinta e velocità, adottando un vestito apertamente pop-rock.
Qualche ispessimento del tessuto della canzone si riscontra ne La grande bugia, con vaghi sentori di club e qualche aroma di jazz minimale. Si rallenta e si rende il suono anche un po’ minaccioso all’interno di Scricchiolii, quasi ballad che risuona un po’ oscura. Il disordine della Sacra Sete gioca con stereotipi religiosi per proporre una religione di carattere, diciamo, piuttosto alternativo.
Elefanti si occupa di Annibale e di altri personaggi, su note da jazz club, con evidenti riferimenti al quotidiano. Anche Ufficio oggetti smarriti tratta del quotidiano (e dell’universale) partendo però da racconti piccoli e da una base cantautorale, su struttura mobile. Si procede poi con una più allegra e quasi danzereccia Possessioni.
Poesia, pianoforte, citazioni e ironia riempiono La luna e i però, ricca di una certa dolcezza nei suoni, ma piuttosto amara nel testo. Si chiude con Spiriti o polvere, andamento rapido e atteggiamento filosofico, ma senza pesare troppo sull’ascoltatore.
Un buon disco che sintetizza al meglio le esperienze dei musicisti che partecipano. Quello di Paolo Data è un percorso significativo, e tra le pieghe dell’ironia a volte ostentata si inseriscono testi intelligenti e musica ben scritta.