Petrolio, “Di cosa si nasce”: la recensione

petrolioPetrolio nasce nel 2015 per mano di Enrico Cerrato, musicista già molto attivo in ambito metal (Infection Code), industrial (Gabbiainferno) e jazz/noise/punk (Moksa). Petrolio esordisce ora con Di Cosa Si Nasce, album coprodotto da DreaminGorilla Records, Dio Drone, Taxi Driver Records, Vollmer Industries, Toten Schwan Records, Screamore, E’ Un Brutto Posto Dove Vivere, Brigante Records, Edison Box. Le sette tracce del disco sono portatrici di elettronica, shoegaze, metal e sperimentazione. Petrolio sarà il 7 maggio alle Officine Sonore di Vercelli (w/ Flying Disk) e il 15 maggio a Border Radio (“Rituali” Presentazione disco e live).

Petrolio traccia per traccia

Si parte da El Coco (Do you know Babau?) un’apertura che accende una certa qual dose di angoscia elettronica, in grado anche di salire di livello lungo il tracciato. Note noir e un pianoforte cupo e monotono stanno alla base di Eating Lights Slowly, mentre Le Spit’s Tree si sviluppa su parametri che stanno tra noise, industrial e metal.

Los Suburbios rientra un po’ nei ranghi, ma sembra voler costruire le proprie ritmiche e le proprie idee un passo alla volta. Il brano cresce un po’ alla volta, configurandosi come la vera architrave del progetto. Le Bot Noir torna su temi industrial, con un mood particolarmente austero e severo, soltanto in parte ammorbidito da temi melodici che entrano in un secondo tempo. Ma qui la seconda parte prevede invece una crescita “cosmica” e piuttosto inquietante.

La Mater de Odio riprende in pratica dove il brano precedente aveva lasciato. Il disco chiude con Vs:us, che ha una struttura metal sinfonica, interrotta da un prolungato effetto di feedback a metà pezzo.

Disco di buon interesse, quello di Petrolio, che acquista ancora maggiore valore se si pensa che è un esordio. Gli orizzonti sonori proposti sono piuttosto vari e figli delle varie frequentazioni musicali di Cerrato. Il risultato complessivo è molto sostanzioso.

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