Federico Cimini traccia per traccia
Si comincia con Bianca, melodica al punto giusto, ma con un testo che nasconde più di quanto appare (e che non nasconde la polvere, specie se bianca, sotto il tappeto, diciamo così). Più ritmata Pereira, la title track, con la voce di Cimini che qui risulta meno gentile e più aspra.
La vocalità rimane graffiante (e in grado di richiamare almeno in parte qualche sensazione alla Rino Gaetano) anche in Come fare, tra tastiere gentili e un drumming piuttosto sostenuto. Pelleliscia apre in modo piuttosto curioso, poi si apre a ritmi baldanzosi, con hammond e trombe e storie strane, più un finale surreale.
Veloce ma curata L’assassino, che apre qualche squarcio strumentale nella struttura pop della canzone. Ha il passo della filastrocca invece Stella cadente, ma il passo subisce numerosi cambiamenti lungo la strada, aprendo scenari di molti tipi differenti.
Più compatta e più orientata verso l’indie pop di matrice britannica (Belle & Sebastien, da quelle parti lì, ma con voce più roca) Blu. Molto intensa e ben scritta Maria, storia di una vita che affonda le radici nel Novecento italiano, mostrando in pieno le capacità autorali di Cimini, anche una volta smesse le maschere più divertenti.
Quel giorno in cui credevo (di essere normale) racconta di una serie di cose perse, al suono di una tromba malinconica. Bruno l’erede di Pino torna su toni del tutto ironici, mentre la chiusura è affidata a Il Mondo Diverso, canzone gentile tratteggiata da voce e arpeggi.
Non c’è un ottimismo trascinante in tutte le tracce del disco di Federico Cimini, ma ci sono buone qualità di ironia e spesso una capacità di scrittura, musicale e dei testi, non proprio comune. Si aggiunga anche una notevole piacevolezza d’ascolto e si deduce che vale la pena di ascoltare il disco, possibilmente spesso.
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