Recensione: Giona, “Per tutti i giovani tristi”

Uscirà il 21 settembre Per tutti i giovani tristi, disco d’esordio di Giona, band che nasce da un’idea di Alessio Forgione e diventa  successivamente un trio con Michele Leo e Daniele Sarubbi. Il disco corre veloce dietro dodici pezzi che partono dal punk ma incontrano per strada pop, new wave, indie rock e altri indizi di nuova musica italiana.

Giona traccia per traccia

Si parte da Guardia, che su tonalità oscure e piuttosto indie fa evidente riferimento a un rapporto non sanissimo con le non sanissime forze dell’ordine, ricavando anche una certa banalità dal male.

La veloce e baldanzosa Squassanti corre a buone velocità, lasciando presto spazio a Pendere, che abbassa leggermente i ritmi per lasciare emergere un drumming piuttosto articolato e sensazioni in chiaroscuro.

Coerenza Tralalà si presenta fin dal titolo con caratteristiche curiose, ma poi evolve su un pezzo veloce e insistito, con qualche pausa nella narrazione che può far pensare a epopee come quella dei Joy Division.

Segue Tutto tutto vero, che incide più a fondo con l’aiuto di basso e chitarra, e si srotola come un rock di stampo classico, con ritornello e “uooo” inclusi. Meno classico l’approccio di Gaiola, che per la costruzione e il cantato può ricordare i CSI, con qualche azione in più sulla leva dell’eco. Eccoci poi a Peroni, in cui il livello di rumore si abbassa un po’ ma il ritmo rimane alto e consistente.

C’è qualche zaffata di new wave prima maniera all’interno di BAR, o forse è soltanto il punk che prende forme diverse. Anche perché il brano segue una linea di continuità assoluta con Do You Wanna Dance, giustamente presentata come la cover di una cover: l’originale era di Bobby Freeman, ma la versione che interessa ai Giona è quella dei Ramones.

Tutto tutto nero si ricollega idealmente a Tutto tutto vero anche per ritmi e progressione. Ma lascia il turno in fretta a Traiano, pezzo cadenzato e aspirazioni più vaste. Si chiude ancora con ritmi lenti, quelli di Assonnata: una pseudoballata di chitarra e voce, risonante nel vuoto, non spaventata dalle dissonanze, piuttosto provocatoria dal punto di visto sonoro.

L’originale spinta punk viene accolta e a volte trasfigurata dai Giona nell’ambito di una ricerca personale e a proprio modo “d’autore”. Il disco risulta ricco e spesso intenso, senza però appesantirsi mai: la missione non era semplice, ma può dirsi compiuta.

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