Vaine House è il disco d’esordio de La Maison, quintetto livornese già noto con il nome di Brondi Bros. I primi passi dei musicisti de La Maison si muovono nel 2009 sulle strade e i marciapiedi di Londra, marciapiedi che li vedono compresi e coinvolti in una sorta di busking quasi borderline, fatto di chiaro-scuri musicali, di energia compressa, di esperienze di vita che prendono percorsi imprevisti e imprevedibili.

Con Enrico Gabrielli come produttore artistico e Taketo Gohara come fonico, il disco si muove tra atmosfere da busker, canzoni d’autore e feste zingaresche, spesso con un sottofondo rock-pop.

La Maison traccia per traccia

Un ritmo prima blando e poi molto più baldanzoso, al suono di fisarmonica e fiati, ci accoglie tra le braccia del disco con Devil: sono braccia forti da cantautore, ma anche abbronzate da atmosfere mediterranee e talvolta balcaniche. Il concetto è ancor più esplicito con Zingaraje, che mescola suoni e lingue in una sarabanda piuttosto furibonda e aggressiva.

Molto curiosa Frankie, come le altre soggetta a cambi di ritmo ma anche capace di partire molto morbida e poi di aprirsi a tipologie piuttosto danzate. Sorprendentemente dolce Rebs, che porta in luce non soltanto la parte sensibile de La Maison, ma anche una certa vicinanza al songwriting di stampo britannico.

Si prosegue su toni moderati con Richmond, che però ha caratteristiche di maggiore ansia, accentuate da fiati per niente tranquilli. Il finale accelera senza lasciare scampo all’ascoltatore. Sarajevo invece corre per strade sue, con una certa dose di rabbia non repressa, ma sempre espressa in mezzo a un circo di sensazioni differenti.

Si torna alla dolcezza con Like a Snake, quasi una filastrocca acustica, in cui di nuovo tutte le qualità cantautorali della band emergono in pieno. Molto più pieno e quasi ridondante il suono di Parada, condito anche da una voce da soprano, su un folk per lo più strumentale a piena fanfara.

Valentine Road propone toni contenuti e qualche traccia di malinconia, mentre Lazy Forest chiude il disco con violini, gocce d’acqua e una certa tristezza, come se la band fosse dispiaciuta di dover salutare il disco. Ma è solo apparenza: nella seconda parte del pezzo tutto si rianima e ricomincia la festa.

Originali e fantasiosi, La Maison portano a spasso un armamentario imponente di luci, suoni e colori con una leggerezza notevole. Non è difficile perdersi tra i viottoli disegnati dalle canzoni di questo album, capace di nascondersi dietro diverse maschere senza mai perdere la propria sostanza.

Se ti piacciono La Maison assaggia anche: Démodé, “Ison”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi