Cover WebQuintetto formato nel 2009, i Lola Stonecracker hanno pubblicato Doomsday Breakdown, un punto di partenza importante per collocarsi nella scena del cosiddetto “modern hard rock” (che in realtà assomiglia molto al vecchio, ma son dettagli).

Forti di una lunga esperienza dal vivo, che li ha portati anche a condividere il palco con figure importanti della scena hard’n’heavy, i cinque hanno affidato registrazione, mix e mastering a Roberto Priori (Michele Luppi, Vision Divine, Danger Zone, Weels Of Fire, Perfect View) al PriStudio, Bologna. Il disco è stato pubblicato da This Is Core Records.

Lola Stonecracker traccia per traccia

Parte da percussioni piuttosto “etno” Jigsaw, la traccia d’apertura del disco, anche se l’incipit finisce presto in un rock dalle caratteristiche stoner molto diretto, a parte qualche svolazzo vocale. Più moderati i ritmi di Witchy Lady, ma non il livello di rumore. Il rock dei Lola Stonecracker dimostra in questo pezzo qualche debito verso il metal d’antan, con tanto di piccoli assoli di chitarra.

Drumming molto robusto e in evidenza in Generation on Surface, che inserisce un cantato sardonico e qualche cambio di ritmo (certo, la citazione degli Stadio con “generation of phenomenons” non ce la si aspettava proprio). Arriva anche la ballad dai toni romantici, ancorché molto ritmata, con Secret for a Universe.

Si corre molto in Perils of a Man from the Past, che mette in evidenza le qualità “narrative” delle canzoni della band. Jekyll and Hyde gioca in modo efficace con un effetto “doppia voce”, a ricordare la schizofrenia alla base del romanzo di Stevenson, in uno dei pezzi più tirati del disco, a parte una pausa, che di nuovo possiamo definire narrativa, al centro del pezzo.

Aggressiva e “cattiva”, soprattutto nel cantato, Doomsday Breakdown, la title track collocata strategicamente a metà lavoro. Sapori molto 80s per MC Kenny’s Place, che fa uso di coretti non estranei all’epoca hair metal, con un cantato molto determinato, seguito e affiancato con attenzione da chitarre e sezione ritmica. Si torna alla ballatona struggente con All This Time.

Molto corposo il fiume elettrico che arriva fin da subito in Space Cowboys, che adotta toni scanzonati e citazioni (“Raw Hide”) qui e là, in un pezzo che mette in evidenza certe propensioni teatrali della band, che hanno fatto capolino anche in altri brani del disco. Psycho Speed Parade ribatte sui tasti dell’energia e dell’aggressività, coniugata su tempi veloci.

Mystery Soul Maverick invece si dipana su movimenti più mescolati, in linea con sonorità più vicine al post-grunge. Relax è una corposa cover dello storico successo dei Frankie Goes To Hollywood, per continuare nella linea di citazioni anni Ottanta che la band sembra tutt’altro che disprezzare.

Si torna a discorsi di ballad con Shine, un po’ più elettrica ed enfatica delle due precedenti. Chiusura affidata alle fluidità di Using My Tricks, urlata il giusto, con qualche sgasata e cambio di ritmo ad alterare il panorama generale.

Si può discutere la scelta di suonare come se fosse il 1987, ma non si può discutere né energia né passione dimostrata dai Lola Stonecracker, che nei momenti migliori suonano perfettamente in linea con le migliori band metal internazionali in circolazione al momento.

Se ti piacciono i Lola Stonecracker assaggia anche: Game Zero

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi