Si chiama Sound of the soul il nuovo disco degli Oblomov: registrato e prodotto negli Emmenthal Studios contiene nove brani eclettici con elementi rock, electro, synth pop. I producer e musicisti italo/russi Ilja e Zachar, gli Oblomov, sono attualmente in Italia (Bologna) per un sodalizio artistico con il pittore Adriano Fida.
Il progetto nasce infatti con l’intento di mettere in musica i quadri del maestro Fida. E infatti, benché alcuni dei titoli del disco siano in italiano, ispirati dai titoli dei quadri, tutto l’album è cantato in inglese, tranne che per l’ultima traccia.
Oblomov traccia per traccia
La prima traccia del disco è Echo, che porta a diretto contatto con un mondo ricco di risonanze e ambientazioni oscure, parzialmente figlio ispirazioni in stile Depeche Mode. Si procede poi con No One Can Ever Possess che, passata l’introduzione con problemi di ricezione radio e un sample di “Take it easy” degli Eagles, introduce a un’atmosfera molto più tranquilla e dalle sensazioni paradossalmente “folk”, benché ricca di synth e costruzioni elettroniche.
Si torna a idee più sintetiche con Bacco, che utilizza suoni di elettronica piuttosto vintage e voci femminili quasi liriche sullo sfondo per un pezzo molto articolato e a più livelli. La canzone mette in evidenza le propensioni teatrali della band, che sotto l’accumulo di sonorità elettroniche nasconde aspirazioni molto poco minimaliste.
Con Wait si prosegue all’incirca sulla stessa linea di pensiero, ma in atmosfere più ricche d’ovatta e di oscurità inquiete. Remains of me mette le cose in chiaro schierando violini e voci di rimpianto fin dalle prime battute. Poi si innerva il tutto con il basso, doppiato dal pianoforte, in una discesa lenta. Ma come molti pezzi del disco, anche in questo caso si assiste a molteplici trasmutazioni, che però non fanno perdere fluidità all’andamento.
Il disco supera la metà con Sirena in burlesque, ancora in grado di dialogare con suoni di archi sintetici, ma a ritmi molto elevati e serrati. Di nuovo può tornare alla mente la produzione del gruppo di Martin Gore, specialmente nella seconda parte della carriera. Segue la curiosa Adora et Labora, aperta da canti gutturali è illuminata di un tessuto elettronico dai ritmi piuttosto accesi.
Eccoci alla title track Sound of the soul, abbastanza breve e insinuante, instradata verso idee di elettronica contemporanea (potrebbe venire in mente Godblesscomputers, se non fosse per il cantato melodico ed etereo). Molto più concreta Hypnos, che sotto un velo di malinconia nasconde ritmiche evidenti anche se spesso molto articolate. Il disco si chiude con Sono una creatura, chiusura recitata e virata con intenti evidentemente poetici.
Buona prova degli Oblomov, ambiziosi e quasi eccessivi in alcuni tratti, ma in grado di mettere in scena un album di qualità complessiva molto elevata.