Dopo due album prevalentemente acustici, esce 3, il primo disco in elettrico di Sara Velardo, per Adesiva Discografica, con la partecipazione di Andrea Viti (Karma, Afterhours) al basso, Fabio Zago (Il Rebus) alla batteria e Daniele Molteni (Il Rebus) alle chitarre “liquide”.
“3”, che racconta di storie individuali e universali, è stato finanziato tramite la piattaforma di crowdfunding internazionale Ulule, prodotto da Sara Velardo, registrato all’ Ncore studio da Matteo Tovaglieri e masterizzato da Paolo Iafelice all’Adesiva Discografica.
Sara Velardo traccia per traccia
Il disco si apre su Ubriachi di Dio, pezzo evidentemente legato a tematiche interne al clero e a chi si rapporta con le tematiche di fede, su sonorità ora acustiche ora elettriche. Errati acquisti invece cambia ambiente e si occupa di donne vittime dei propri uomini, facendo registrare un aumento nell’aggressività dei suoni del pezzo, mentre si cercano di capire i pensieri di chi non riesce a uscire da certo tipo di rapporti.
Al contrario Come una poesia si appoggia su accordi e pensieri morbidi, elettrici ma soft, senza uscire dalla sfera del personale, allargando anche un po’ gli spazi sonori della canzone man mano che le note procedono. Ecco poi la cover di Tomorrow Never Knows, all’inizio spogliata dell’originalità componente psichedelica (che però è anche un po’ la ragion d’essere del pezzo) e ridotta a pezzo acustico malinconico, almeno finché non interviene un ampliamento strumentale che riporta il pezzo sui binari giusti.
Si passa al dialetto con Trageriaturia che, come lascia intuire il titolo, si muove su toni piuttosto cupi. Anche Pigghimi ora opta per parole e per atmosfere scure, qui però più vicine a un blues-rock della frontiera. Il testo si riduce a una frase ripetuta a loop (o come mantra).
Molto rapida e violenta I confini di casa mia, meno di un minuto e mezzo di riassunto della situazione di media ed emigrazione. Stesso argomento ma toni del tutto differenti con Migranti. Il canto nasce dal silenzio e cresce piano piano a danza di sapore folk. Si chiude al femminile, con Venere, conclusione soft e non troppo contrastata anche se con una ritmica non banale.
Buon disco quello di Sara Velardo, che trova in molte canzoni un buon “tiro”, senza staccare mai gli occhi dall’attualità.