Avevamo lasciato gli Uragano alle prese con lo split album insieme a Gli Altri (qui la recensione). Sul finire del 2014, dopo un anno e mezzo di concerti e dischi, la formazione decide di tirare le somme per quanto riguarda questo primo capitolo della loro vita: si rinchiude nell’Igloo Audio Factory di Andrea Sologni (Gazebo Penguins) e registra i cinque brani che andranno a comporre quello che sarà il loro secondo disco, in uscita il 22 settembre: #2 EP.

Gli Uragano vengono da Sanremo: Luca Mele, Francesco Genduso e Alekos Gullone, dopo un primo ep autoprodotto (“EP I”, 2013), partecipano ad alcune compilation (tra cui “AAVV L’Estate Sta Sfinendo – Acidi Viola”) e pubblicano due split (il primo, già citato, insieme ai savonesi Gli Altri; il secondo, pubblicazione internazionale, insieme a Chuck Bass (Germania), Fiesta Bizarra (Perù), Urughai (Malesia)).

Uragano traccia per traccia

Si parte con una canzone dal titolo gioioso e simpatico, Vomito: è con grande furia che la band affronta le prime curve dell’ep, con una potenza che sulle prime può sembrare non controllata e che in breve però acquista forma e sostanza. Si prosegue con Inferno, un brano di poco più di quattro minuti che concentra potenza e rabbia ai limiti estremi per quanto riguarda soprattutto voce e drumming, ma ci sono anche altre sfumature, come la chitarra capace di disegnare traiettorie piuttosto malinconiche.

Il brano centrale dell’ep è Occhi, e anche in questo caso si parte nel mezzo della tempesta (ok ok, dell’Uragano). Come in altri casi nell’ep, poi il ritmo si ammorbidisce almeno in parte, ma i suoni rimangono robustissimi, e così l’Urlo. La chitarra fa spesso da metronomo, passando da sonorità furibonde a un atteggiamento più melodico, spesso nell’arco di un paio di battute.

Si rulla parecchio nell’apertura de L’America, sicuramente tra i pezzi più tirati dell’ep, che però nel finale si abbandona a una coda più moderata e con ritmi figli dell’hard rock. Ci sono cascate sonore piuttosto acute nell’introduzione di Gabbiani, invece, che lasciano poi il passo a chitarre rumorose e potenti, ma dal passo cadenzato. Il brano, quasi del tutto strumentale, si muove verso orizzonti post rock, con strade fluide ma non prive di asperità.

Sembra evidente che affiancarsi ad altre band abbia regalato, se non proprio dimensioni nuove, almeno punti di vista diversi: l’ep è molto compatto ma non per questo monocorde, fornisce anzi spunti interessanti anche per altre prospettive future e nel complesso convince appieno.

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