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sabbia

Su Facebook presentano la propria musica come “Instrumental music between psychedelia and 70s porn movie soundracks” (c’è bisogno di traduzioni? Probabilmente no). I Sabbia, in effetti, propendono più per la psichedelia che per la seconda parte della comparazione (non che noi si sappia minimamente come suona una colonna sonora di un porno degli anni Settanta, ovviamente).

Per avere le idee più chiare, qui sopra c’è lo streaming dell’ep omonimo che hanno pubblicato, mentre più in basso c’è la recensione. Li abbiamo anche intervistati, ed ecco le loro risposte.

Come nasce la band?

La band è nata per caso, volevamo fare una cosa in stile Desert Sessions unendo le influenze di musicisti molto diversi tra loro. Così abbiamo iniziato in due a registrare idee e man mano si sono uniti gli elementi fino a arrivare alla formazione attuale composta da basso, chitarra, batteria, tastiere e sax.

Il disco mi sembra frutto di lunghe session strumentali. E’ così oppure c’è stato anche un consistente lavoro “a tavolino”?

I Sabbia sono prettamente una jam band, abbiamo ore e ore di registrazioni da sbobinare e dalle quali tirare fuori qualche buona idea. L’unico momento in cui ci fermiamo a ragionare su un pezzo è quello in cui decidiamo quale struttura dargli, ma l’improvvisazione è sempre l’elemento più importante.

Quali sono state le difficoltà maggiori che avete incontrato nel realizzare il disco, se ci sono state?

Non ci sono state grosse difficoltà, siamo molto entusiasti di questo progetto e ci divertiamo tanto a suonare insieme, il resto viene da sé.

Come nasce la traccia d’apertura, “Indagine”?

“Indagine” è il frutto di una jam session, strano a dirsi, che già dalla prima registrazione ci aveva dato tante buone idee su cui lavorare. L’abbiamo suonata un po di volte cercando di rifinire qua e là e alla fine il pezzo è venuto fuori in maniera molto naturale, tanto è vero che nella sessione di registrazione del disco l’abbiamo chiusa alla prima take, cosa che ci rende molto soddisfatti perché registrando in presa diretta la naturalezza e la spontaneità dell’esecuzione è fondamentale.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

La strumentazione che abbiamo usato fa parte dell’incredibile arsenale della Sauna Recording Studio di Varano Borghi, vicino Varese, un posto da cardiopalma per gli amanti del vintage sound, ogni ben di dio. Abbiamo semplicemente scelto tra le meraviglie dell’amplificazione messe a disposizione dal boss dello studio Andrea Cajelli che ringraziamo per l’ottimo lavoro che ha fatto e che ci ha fatto fare.

Anche lo studio e il suo ambiente hanno avuto influenza positiva sul risultato finale, compreso il giardino vista lago dove gli amici che ci hanno seguito hanno fatto partire una grigliata annaffiata da parecchia birra.

Potete descrivere i vostri concerti? Quali saranno le prossime date che vi vedranno coinvolti?

Nei live cerchiamo di mantenere l’ambiente unico che c’è in sala prove, ci teniamo al godimento che deriva dal suonare questa musica e cerchiamo sempre di trasmetterlo. Non siamo interessati ai tecnicismi o alla perfezione di esecuzione, siamo più legati all’intensità dei live; suoneremo il 21 gennaio allo ZAC di Ivrea (TO) e il 18 febbraio alla Cooperativa Portalupi di Vigevano.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

Siamo molto legati ai Verdena che ci hanno sempre accompagnato negli ascolti, soprattutto da “Requiem” in poi. Ultimamente ci è piaciuto da morire il disco “DIE” di IOSONOUNCANE,disco bellissimo. E poi Calibro 35, The Winstons.

Potete indicare tre brani, italiani o stranieri, che vi hanno influenzato particolarmente?

Le influenze sono tantissime… un pezzo in particolare è “Miglioramento” dei Verdena, contenuto nell’album WOW, che aveva influenzato parecchio i suoni di piano nel singolo “Torno a piedi” che avevamo pubblicato qualche mese prima dell’uscita dell’ep, In “Indagine” ci sono richiami a “Echoes” dei Pink Floyd e al Morricone di “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”; “Montagna” invece è un pezzo in cui l’influenza dei Queens Of The Stone Age è strabordante. E poi i Tame Impala in “Armonici” e i Black Mountain in “Lasonil”.

Sabbia traccia per traccia

sabbiaL’ingresso all’ep è cupo e misterioso: la prima traccia è Indagine, un pezzo che riesce a uscire dall’incipit soltanto a fatica e un passo alla volta. Quando ne esce, ci troviamo di fronte a sensazioni shoegaze, mitigate però da un drumming che tiene il suono saldamente ancorato a terra. Il discorso si complica ulteriormente lungo i nove minuti del pezzo, anche grazie all’intervento di un sax piuttosto nervoso.

Nervosismo che si trasferisce alle corde di Montagna, che segue con modi acidi. L’acidità non passa mai del tutto e sfocia in psichedelia con qualche riferimento ai Doors, come le tastiere nel finale.

Armonici elettrici apre in modo molto minimale, ma è ovviamente soltanto un’illusione iniziale. Il massimalismo arriva e percuote l’aria in maniera potente. Il pezzo si infuria nel finale, tra salite del drumming e deliri elettrici.

Nella finale Lasonil emergono anche influenze progressive (lato King Crimson), in un pezzo che stavolta invece di accelerare rallenta, facendo emergere i dettagli da un iniziale sfoggio di forza.

Bella prova dei Sabbia, che dimostrano abilità e conoscenza dei propri mezzi. L’ep è un assaggio, ma già corposo, di un’attività molto disinvolta e convinta. Quasi una soundtrack di una crisi di nervi.

Se ti piacciono i Sabbia assaggia anche: Calibro 35

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