Simone Lombardi, dopo tante colonne sonore per documentari, lungometraggi e installazioni, si presenta in veste solista con 7Words, il primo album personale, per l’etichetta italiana Panarecord. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Hai un’esperienza notevole alle spalle ma “7Words” è il tuo primo disco da solista. Vuoi spiegare che cosa rappresenta per te e che cosa ti ha spinto a questa avventura?

Dopo anni di colonne sonore nei quali ho composto sempre per altri, nonostante abbia maturato un mio stile e venissi cercato per questo, sentivo il bisogno di comporre qualcosa di esclusivamente mio, senza limiti espressivi. Ho iniziato quasi per gioco, a tempo perso, ma poi lentamente mi sono reso conto che stavo raccontando qualcosa di molto intimo e personale, stavo raccontando gli ultimi 7 anni della mia vita, e la cosa mi piaceva.
Ho iniziato allora a pensare a questo concept album che in qualche modo mi racconta, racconta l’amore, la sofferenza della sua fine, gli incontri, le persone che in questi ultimi anni hanno lasciato un segno nella mia vita. È stata un’esperienza catartica, ho vissuto in prima persona il potere terapeutico della musica, come quello della scrittura. 7Words è una sorta di diario terapeutico, nel quale ho inserito ciò che di importante è successo. È stato salvifico comporlo, è salvifico riascoltarlo, è salvifico suonarlo per gli altri.
Racconti che i brani presenti nel disco sono una sorta di istantanee di quello che è successo negli ultimi sette anni della tua vita. Si direbbe un periodo molto movimentato…
7Words racconta della mia vita dopo il mio ritorno a Brescia da Berlino, dove ho vissuto per un anno.
Si, sono stati anni movimentati, ed estremamente intensi. Mi sono sposato e separato, ho conosciuto tantissime persone che sono state estremamente importanti per me, che hanno cambiato il modo di vedere le cose, persone alle quali anche io ho cambiato la vita, a volte in meglio, e a volte in peggio. In questi anni ho cambiato radicalmente il mio modo di vivere, sono diventato Musicoterapista, mi sono specializzato nella malattia mentale. Insomma si, sono stati 7 anni belli intensi.
Le parole nel disco sono presenti, ma sono recitate e non cantate. Perché questa scelta?
Amo il teatro, amo la poesia, ho sentito come naturale modo di espressione quello recitativo. Inoltre alcuni brani sono nati come dei dialoghi tra me e le persone di cui parla la musica.
A parte i titoli dei brani, quali sono le 7 parole che secondo te definiscono meglio questo tuo disco?
Devo dire che i titoli dei brani sono estremamente descrittivi e rappresentativi per me.
Hope parla della mia speranza e sicurezza in un futuro migliore se sé ne sente l’esigenza e se si vuole avere la FORZA DI CAMBIARE. Quindi il cambiamento può essere una parola chiave di questo album.
Intimo è un’altra parola importante. Racconto di me, e delle persone che hanno segnato la mia vita in questi anni.
Ossessione è una buona parola per esprimere Lips, l’amore quello sbagliato, quello che ti rende cieco e disperato.
Dolore, rassegnazione e rinascita sono le parole chiave che descrivono Lack,
Serenità infine, descrive alla perfezione Home perché sono felice di come sia andata la mia vita, felice di dove sono e come sono ora, anche grazie alle esperienze che ho vissuto.