E’ uscito ieri SSAA, ovvero Six Stories About Autism, il nuovo progetto di MVA. “Progetto” è termine abusatissimo, ma non in questo caso: oltre alla musica c’è la ricerca che comprende ingegneria, sound design, cinema, pittura.
Chi/cos’è MVA? Ce lo spiega MVA: “Meets Vision Art è avanguardia. Un progetto di ricerca multiforme. Un collettivo di artisti nato da un’idea di Andrea Pilloni”.
“Ideologicamente vicino alla Factory di Andy Warhol, MVA è un “luogo” nel quale creare arte a 360 gradi, portando avanti la ricerca e favorendo l’incontro di più personalità artistiche focalizzandosi in modo sinergico sulla qualità di un’opera unica. L’obiettivo è produrre materiale originale sollecitando un processo di rivalutazione di una creatività italiana oramai inaridita”.
Qui ci si occupa, ovviamente, soltanto della parte musicale, ma per capire meglio il discorso si può dare un’occhiata al trailer a fondo pagina.
La prima traccia, Case History I, passa in modo rapido attraverso fasi diverse,
Un tracciato elettrico/elettronico fa da filo conduttore all’interno di Case History II, che abbonda di effetti e di sensazioni ambivalenti: c’è aggressività ma ci sono anche idee dance.
Il versante elettronico prende il sopravvento in Case History III, che però vede anche la comparsa del pianoforte. Ma i tasti bianchi e neri non servono a rasserenare l’ambiente, anzi aggiungono altra inquietudine all’assunto.
Il corso del brano è spezzato a metà dalla chitarra elettrica, che interviene a prendersi la scena e a cambiarne i colori. Ma non è l’unica reincarnazione di quelli che è uno dei brani centrali del disco: c’è spazio anche per altre sensazioni ed emozioni nel finale.
Il passo rallenta con Case History IV, i suoni si fanno appiccicosi, ma gli strumenti a corda si occupano di ripulire la scena, di aumentare l’intensità e di far salire i giri del motore, soprattutto nella parte finale.
Arpeggi all’oscuro per Case History V, che dopo l’introduzione ci porta in una scuola elementare, a inseguire voci di maestre e bambini, impegnati anche con l’inno di Mameli.
Si chiude con i suoni cristallini di Case History VI, tutto sommato portatrice di una serenità conquistata, magari non permanente, ma presente e comunque arricchita da fantasie e giocosità.
Idea complessiva importante, il disco si muove lungo percorsi spesso sorprendenti e sempre interessanti, con una fluidità di fondo notevole. Non sarà difficile farsi conquistare da queste case histories senza parole, ma con molti significati.
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