Quando si dice “una band che non ha bisogno di presentazioni”: i Subsonica arrivano al decimo album in studio, con il non trascurabile vantaggio di non aver mai veramente cambiato i punti di forza della formazione, pur accettando, accogliendo e accompagnando il cambiamento, anno per anno.

Realtà aumentata, il nuovo album appunto, riprende i temi e gli argomenti più cari a Boosta, Casacci, Samuel e compagnia e li inserisce in undici brani con sonorità molto centrate e ricche di consapevolezze sonore.

Subsonica traccia per traccia

Cori, battiti e rancore per iniziare l’album: Cani Umani mette subito in evidenza la parte più acida della narrazione, in un contesto che sa di liberazione e rivalsa, mentre le tastiere costruiscono un background particolarmente ricco.

La versione più pop della band torinese prende pieno possesso di Mattino di Luce, con molta intensità, velocità e con tutti i crismi, per uno dei singoli già molto ascoltati.

Anche se in questa categoria al momento vince Pugno di Sabbia, che cavalca un’altra ondata classica per la band, cioè quella che occhieggia verso il dub, anche se nella versione più “aperta”, con argomenti politici che rimangono a fluttuare in un’aria piuttosto pesante.

Con Universo ci si espande verso discorsi più eterei e sparsi, sia dal punto di vista del testo, sia da quello della musica. Foreste, profondità e satelliti si occupano di rendere più ricca la tessitura di un brano che vive di flussi molto continui.

La parte oscura si impadronisce di Nessuna Colpa, che accoglie un riff di chitarra particolarmente elettrico e pulito, mentre la voce è effettata ma verso “il basso”, salvo lasciare sfogo quando ce n’è bisogno. Battiti, handclap, rullate e altri lavori di drumming rendono ricchissimo e piuttosto scomposto il pezzo, senza dubbio fra i meglio riusciti dell’album.

Missili e droni, a dispetto dell’argomento del pezzo, incomincia in modo particolarmente dolce, con un giro di pianoforte e la voce che sussurra o poco più. Si parla di aggressioni, sicuramente non soltanto metaforiche, ma i cori aggiungono ancora dolcezza. La parte finale del brano si fa più vibrante, fa pensare ai Blur, risolve inquietudini.

Un battito pulito e preciso e un giro di basso introducono Scoppia la Bolla, che ospita Willie Peyote (qui tenuto particolarmente a bada) ed Ensi. “Fra mille bolle dimmi che bolla sei/che sto nella mia qui dal ’96”: Samuel canta la propria permanenza di fronte all’effimero, in un pezzo che combina istinti pop, hip hop, elettronica, e con fiati effettati e impazziti.

Tocca alle esplorazioni di Africa su Marte, che gradualmente si trasforma in una festa elettronica e cosmica, con beat tribali e svisatine elettroniche a pioggia. A proposito di battiti e di sensazioni tribali: ecco Grandine, che promette tempesta, la costruisce un po’ per volta, e alla fine la trasforma in altre idee dub.

Vitiligine ricorda che i Subsonica sanno mettersi anche in acustico, e con assoluta padronanza del mezzo: un pezzo morbido e semplice che parla di guarigione, gocce e pillole, e non ha bisogno di particolari fuochi d’artificio per regalare sensazioni intense.

A chiudere, ecco Adagio, che tiene fede al proprio titolo, parla di buio e lo affronta, con un’ultima parte che sa un po’ di Depeche Mode e un po’ di Morricone.

La realtà è aumentata, i Subsonica forse no, ma non è un male: personalmente mi sento rassicurato e anche un po’ intrigato dal fatto che la band sappia fare così bene quello che fa da così tanto tempo e riesca sempre a risultare attraente, godibile, “nuova”, per certi versi.

Saranno i dischi solisti che i membri del gruppo si concedono e che consentono libero sfogo, salvo poi ritrovarsi sempre intorno al progetto originario. Oppure sarà proprio la chimica particolare di questo particolare incontro di persone che va avanti dal 1996, e che ora più che mai fornisce un punto di riferimento a chi ama il pop italiano.

Genere musicale: pop, elettronica

Se ti piacciono i Subsonica ascolta anche: Cosmo

Pagina Instagram Subsonica

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