I Vanarin pubblicano Overnight, dieci brani nei quali risaltano melodie di impronta pop e la ricerca e la cura per gli arrangiamenti. Le personalità dei cinque musicisti si intrecciano in un mix di influenze e contaminazioni molto diverse fra loro, tra atmosfere
beat, funk e black music degli anni ‘70, fino ad arrivare alla trap e all’hip hop.
Così come nell’omonimo ep d’esordio che lo ha anticipato, anche in Overnight non mancano gli arrangiamenti corali e i momenti di pura psichedelia.
Vanarin traccia per traccia
Si parte, appunto dal pop, e anche di marca un po’ vintage: Holding è sorretta da un lavoro consistente del basso, ma la melodia è aperta, ariosa, con qualche deviazione sul tracciato.
Step in the light risulta invece molto più acuminata e in cui le idee robuste della sezione ritmica si coniugano bene con un tracciato melodico molto più fantasioso e ricco di bolle di sapone.
It’s in the Sky ha atteggiamenti un po’ più vellutati, ma è anche predisposta a qualche piccola esplosione. Ogni angolo delle canzoni dei Vanarin, comunque, può contenere qualche sorpresa sonora.
L’atmosfera psichedelica del finale del brano precedente lascia strascichi anche in una sognante Tulpa. Lose My Cool invece si aggira su terreni funky, con i fiati e qualche urletto princeiano.
Anche Lights Out rimane in ambito black, giocando su contrasti vocali e sonori. Si va in acustico con Jellypie, che ripercorre la strada che va dal folk alla psichedelia.
Si torna all’elettrico e al sintetico con I Wouldn’t Mind, morbida e fluida. Hanging From a Cloud si annuncia con una certa enfasi, poi scende di toni, poi riprende con un certo massimalismo sonoro che sembra portare fino al dancefloor.
Chiusura semi-soffice del disco completata da A Question of Time, che evolve in modi anche sensuali.
Un disco ricco di inventiva, quello dei Vanarin, capaci di cambiare spesso scenario e di inserire piccole idee senza mai forzare i toni e i temi.
