The Unsense tornano con Betelgeuse, secondo disco ricco di influenze psichedeliche e dark wave (qui streaming e recensione di TraKs). Abbiamo intervistato la band proveniente dalla provincia di Varese.

Cinque anni dopo il vostro esordio, ecco “Betelgeuse”: quale dei due dischi è stato più difficile portare a termine? L’esperienza del debutto vi ha aiutato?

Il Pifferaio di Pandora nostro primo disco, era uscito dalle prove di un gruppo ai tempi molto giovane e vampiresco che era stato chiuso in sala prove per 5 anni .

London track è probabilmente un pezzo del 2004 mentre Indian Sun era forse del 2010, e anche per questo motivo era stato un disco molto eclettico. L’esperienza del primo disco ci ha aiutato certamente anche ad abbandonare l’inglese.

Con Betelgeuse ci siamo concentrati su un tema e su un mood poco ospitale. Mentre prima avevamo semplicemente preso le canzoni che più funzionavano e le avevamo inserite nel disco, questa volta abbiamo scelto canzoni funzionali a quello che vogliamo trasmettere in questo preciso momento, non tra due anni e non ieri. Questo è un disco buio perché dopo l’esplosione dicono ci sia un gran silenzio e buio…

Da dove nasce la storia alla base del concept dell’album? Quali sono state le vostre fonti di ispirazione?

Davvero non saprei indicare il punto in cui la storia è nata, ma so quello in cui è finita. Alcune cose a volte vengono scritte perché se ne ha la semplice sensazione. Alcune parti vengono da vissuti, altre invece sono come Zoom fatti dall’alto dalla voce narrante, e dico questo quando mi riferisco ai testi di One e Va in the Radio in cui il messaggio è diretto all’ascoltatore .

In altre canzoni invece si parla sempre di una lei che può essere qualsiasi cosa. Betelgeuse appunto, ‘colei che sta al centro ’. La fine. In fondo, questa fine, non è che la distanza di luce che esiste tra il ricordo e questo momento in cui ti scrivo.

Come fonti di ispirazione musicali ci piace molto il mood di basso dei Massive Attack , ci piace lo stile decadente e il modo di scrivere di alcuni membri della New Wave, poi Nick Cave and The Bad Seeds gli Swans, ma anche i Faith no more , Battisti e alcune cose dei C.S.I.

Il nostro denominatore comune e il seno da cui pendiamo rimane però la musica intesa come viaggio introspettivo che affonda le sue radici nella Psichedelia. Mi fanno cagare i Tame Impala e non sopporto le voci alla Beatles, ma alcuni membri degli Unsense mi darebbero una scoppolata perché invece a loro piacciono J

Per i testi oltre che dinamiche New Wave e poeti decadenti e Manna portata dalla rugiada … e… e….

Ci piace inserire anche qualcosa di decisamente più vicino alla cultura orientale con messaggi sparsi per il disco. Spesso le tematiche figlie della corrente che ruota attorno al concetto di “meditazione” , peraltro estremamente utili al giorno d’oggi e da sempre, sono presentate nella nostra società come esempi di vita puri, incantati e in qualche modo dissociati dal dolore.

Anche se convinti della necessità di integrare il messaggio orientale alla cultura occidentale , crediamo anche che qualunque dottrina che spersonalizzi e allontani dal semplice sentire e conoscere le proprie emozioni e dal “personale” modo di viverle, sia solo una via di fuga, figlia della società consumistica in cui viviamo.

Il disco è molto ricco di sensazioni molto forti e molto differenti tra loro. E’ stato composto in momenti diversi o c’è stata un’unità d’azione? Qual è la vostra routine compositiva abituale?

Ci siamo concentrati principalmente su canzoni composte in circa due anni. Alcuni testi sono stati scritti anni fa, ma in generale la composizione del disco racchiude un periodo di tempo breve. Questo ci ha portato ad un lavoro molto diverso.

Io credo che gusti permettendo, Betelgeuse o te lo mangi o ne stai alla larga. Non perché sia particolarmente cattivo o altro, ma semplicemente perché l’abbiamo voluto teso e lento e quasi fastidioso in alcuni punti. I pezzi si basano per la maggiore da improvvisazioni composte partendo dalla ritmica e dalla voce e poi i chitarristi sono stati torchiati a sangue nella fase compositiva e di arrangiamento. I testi non aiutano ad alleggerire le atmosfere. Ci sono lenti ma sono lenti dissonanti. Come le case fredde e inospitali di inverno, romantiche se vuoi ma comunque non comodamente abitabili. Insomma ci siamo divertiti J

Come ‘routine compositiva’ una volta scelto il tema e l’ambiente attorno a cui volevamo far girare il nostro messaggio ho scritto gli ultimi testi e abbiamo riarrangiato alcune canzoni. Questo è stato il caso di Anemone Scarlatta e Tu sei il giorno, per esempio. Alla base delle nostre canzoni comunque sta sempre l’improvvisazione.

The Unsense: devastante come un disastro

Come nasce “Creta”, a mio parere uno dei vertici del disco?

Siamo veramente felici che ti piaccia e non ti nego che è anche per questo motivo che mi sto prendendo una certa libertà nello scriverti in questa intervista , è il pezzo che come gruppo preferiamo, ma è anche il pezzo che crediamo essere più difficile da digerire e meno usuale… Se l’hai digerito significa che posso esprimermi liberamente in questa sede!!!

Ehi, questo sito è una fiaccola di libertà nel buio dell’ignoranza dei tempi che viviamo e che… Va be’ ma andiamo avanti…

Creta è strana, è forse la chiave interpretativa di Betelgeuse.

La voce risulta completamente aliena e anche semi stonata se vuoi, le chitarre invece sono molto malinconiche ma dolci come lo sono le rive del lago su cui viviamo mentre il basso è teso come l’inferno… è tutto poco usuale e dal vivo suonarla può essere devastante come essere un disastro e bisogna scegliere bene i concerti a cui non farla J . è un pezzo intimo.

“Il senso tuo ricade in ciò che tu non sei”

Durante il mixaggio in Sauna con il maestro Cajelli, forse ispirati dai fumi lacustri, abbiamo deciso di renderla ancora più storta e malata spostando il baricentro della batteria completamente a sinistra, in bilico sull’orlo di un burrone, e le chitarre e il basso venire da sotto a sostenere una voce che passa attraverso una maschera per l’ossigeno.

“Dipingi la tua creta col sangue dei tuoi dei”

Parla forse di una presa di coscienza, una sorta di riscriversi dopo essere morti.

Parla di quando tutto quello che siamo noi non è più in noi e a volte ci vogliono anni per capire che un tipo di vita non ci appartiene più. Parla di quando tutto quello in cui credi cade e cadono anche gli Dei. Qui si capisce che è necessario rinnovarsi.

“ Ascolta la mia lingua, comprendi la tua lingua “

E vai.

Potete raccontare la strumentazione principale che avete utilizzato per suonare in questo disco?

Per creare Betelgeuse abbiamo usato un mix di strumenti vintage e moderni e registrato la parte ritmica e una chitarra sempre in presa diretta, ricreando per così dire l’effetto Live e poi sono state sovraincise le altre chitarre, i sintetizzatori, la voce e i cori.

Il suono delle chitarre passa da una quantità di pedalini sconsiderata per poi essere potenziato da una serie di amplificatori (Koch, Fender, Eko, Music Man, Orange) e infine prendere voce grazie alle casse Hope Custom Lab.

Il basso ha potuto sprigionarsi attraverso una testata Ampeg d’annata (o dannata) e una cassa Marshall per basso che non costruiscono più.

Il Sapiente Cajo (Sauna Recording Studio) ha confezionato per noi una Sonor per la sezione ritmica.

Per quanto riguarda invece la voce cito una frase sempre del buon Cajo durante la fase di registrazione: “Questa è la miglior catena di strumentazione che si possa fare per la voce!” In postproduzione sulla voce non è stato fatto praticamente nulla e ci siamo tenuti anche qualche stonatura perché ci piace. L’unico effetto che usa il cantante è dato dal pedalino Delay per chitarra che lui collega al microfono.

Il suono del disco è stato elaborato da un mixer analogico degli anni ’70 (lo stesso che avevano usato i Pink Floyd per A Saucerful of Secrets) e il tutto alla fine è stato passato su nastro.

Chi è o chi sono gli artisti indipendenti italiani che stimate di più in questo momento e perché?

Ci piace l’evoluzione dei Verdena in generale e i primi Giardini di Mirò.

Nel nostro passato da pischelli abbiamo avuto l’onore inconsapevole di aprire ai Bachi da Pietra che ci hanno catturato e portato a conoscere gli Ovo. Anche Cristina Donà, molto bella “labbra Blu” con i Diaframma, e i lavori di Rachele Bastreghi…

Ci piace chi sperimenta in generale per esempio i primi lavori degli Aucan, Black Rainbow è un album spettacolare… non vado oltre perché dovrei fare troppi nomi.

In generale non amiamo molto i “parlatori” moderni e quello che usa definirsi Indie. Che poi che cazzo è sto Indie !?

Ah, l’avessi mai capito.

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