Non ci pensare è il disco d’esordio del giovane quartetto comasco degli Amandla. Nato a seguito di un’intensa attività live che li ha visti esibirsi su molti palchi italiani, il disco racconta la ricerca di una stabilità emotiva attraverso otto brani eclettici che esplorano diverse sonorità, dall’indie-pop a momenti di più intensa influenza rock.
Amandla traccia per traccia
I tracciati semplici dell’indie (rock o pop, dipende dai momenti) si mostrano in maniera abbastanza chiara in Febbre, canzone d’apertura del disco. Più determinata NCSM, che alza muri di suono e poi li scala, giocando un po’ con l’acceleratore e con le influenze pop/mainstream, ma anche con tratti di strada oscuri e minacciosi.
Al posto delle parole esplora territori quasi cantautorali, anche se le sonorità poi si allargano su idee electro-pop. Anche Le nostre paure esplora discorsi medidtativi, anche se poi il ritmo del brano stacca e procede su strade più rapide.
Mai come ieri (che non è una cover dell’omonima canzone di Venuti-Consoli) è una ballad con introduzione acustica ma con onde progressive, ancora acustiche ma anche elettriche, che vanno a susseguirsi.
Si torna a certe asperità con Spine, che picchia piuttosto forte e con intensità. Il basso è protagonista di Sogni, con un ritmo incalzante, a sorreggere suoni direttamente derivati dalla new wave.
Duemila viaggi chiude il percorso con i toni della ballad, malinconica, melodica ma con un fondo rabbioso che prende sempre maggiore importanza lungo la traiettoria del brano, tanto da chiudere con un finale sorprendentemente tempestoso.
Se riuscissero a grattare via qualche scelta sonora un po’ troppo facile, gli Amandla sarebbero in grado di far emergere meglio un talento e una qualità già piuttosto significative nonostante siano all’opera prima.
