Un duo basso e batteria che ha inventato un proprio genere, il “MarchigianoJAZZcore”: stiamo parlando dei demeb e del loro Urban Flowers, ultimo lavoro a base sì di ispirazione jazz e accelerazioni, ma anche di buone dosi di ironia. Li abbiamo intervistati.

Come nasce il vostro duo?

Il nostro duo nasce circa tre anni fa, come un “uno” più che un duo, perché tutto è partito da un idea di Maurizio, il batterista, che ha iniziato il progetto demeb da solo, incidendo il primo disco solamente con la batteria, poi, successivamente, nel disco Opera IV sono entrato io, Matteo, col basso.

Dopo Opera IV, gli altri dischi sono stati suonati e registrati anche con la collaborazione di altri musicisti, i quali erano sempre diversi per ogni disco registrato; poi per gli ultimi due album “I kind of Jazzcore” e questo “Urban Flowers” abbiamo optato solo per basso e batteria.

Posso dire comunque che demeb nasce più che altro da un’esigenza, l’esigenza di fare qualcosa di diverso, di mettere su un concetto musicale che difficilmente si sente, coniugando arte teatrale e musica poste sullo stesso livello; demeb non è un gruppo, come ho detto prima è un concetto, un’entità “astratta” fatta di musica, rumore, teatro e di tutto quello che gira intorno all’arte.. come precisiamo ogni volta, noi non siamo I demeb, ma solo demeb, senza articolo.

Che cosa vi ha fatto pensare di poter mettere su una band partendo da quella che sarebbe una sezione ritmica di una band tradizionale?

Riprendendo la risposta precedente, più che altro da un’esigenza musicale; io suono il basso, Maurizio la batteria, volevamo fare questa cosa e l’abbiamo fatta con gli strumenti che avevamo a disposizione.

Non usiamo comunque soltanto quei tipi di strumenti, come si può sentire nel pezzo “Rivolta Quieta” e “il bambino che non ha no”, usiamo la radio, le frequenze della radio, come un sottofondo di disturbo; usiamo anche molto il computer, nel senso che prendiamo molti elementi che la rete ci offre, come per esempio in “Animal House” usiamo un pezzo cantato da Homer in una puntata dei Simpson, o in “diluite le vostre droghe” fa la comparsa il sempre amato Richard Benson; poi io suono anche la tromba, ma ancora non l’abbiamo mai usata, forse per il prossimo album.

Proseguendo con la risposta, citando Maurizio (il batterista) : senza John Paul Jones e John Bonham i Led Zeppelin non sarebbero stati gli stessi; senza Geezer Butler e Bill Ward i Black Sabbath non sarebbero neanche esistiti; senza Ares Tavolazzi e Giulio Capiozzo gli Area sarebbero stati meno Area

Quindi possiamo dire che noi usiamo quello che serve per fare della buona musica.

I vostri testi sono per lo più surreali, quasi sempre recitati. Quali sono le vostre fonti di ispirazione?

I nostri testi sono per lo più surreali, perché la nostra maggiore fonte d’ispirazione è la realtà, e cosa c’è di più surreale della realtà stessa…

Per esempio il pezzo “l’Urlo” parla della tragica morte di Federico Aldrovandi ucciso da mani esperte; “decimazione statale” (scritta da Maurizio) parla dell’alienazione che lo stato come apparato gerarchico crea nella gente (per la stesura di questo pezzo l’ispirazione è stata data da “Guerra e Pace” dei CCCP, uno dei gruppi responsabili della nascita di demeb).

Per quanto riguarda la recitazione, come ho detto prima, demeb è anche teatro; i nostri live si dividono in atti, proprio come in un’opera teatrale, c’è un preludio, il primo secondo terzo atto e così via, un interludio (la parte centrale della nostra vena teatrale, dove infatti recitiamo poesie nostre o di altri autori in modo non convenzionale) e una conclusione.

Per quanto riguarda il canto, possiamo dire che i nostri testi sono per lo più recitati anche perché alla fine noi vogliamo dire delle cose, dare dei messaggi ben chiari nei nostri pezzi, quindi a che serve cantare quando un messaggio ti deve arrivare forte e preciso? Se una cosa te la devo dire te la dico, non te la canto.

Spesso le vostre tracce sembrano sconfinare nell’impro: quanto c’è di “scritto” e quanto di improvvisato nei brani che realizzate?

Devo partire dicendo che i nostri brani nascono principalmente dall’improvvisazione, siamo in sala prove, si suona e magicamente vengono fuori i pezzi.

Non tutti i nostri pezzi nascono però così, a volte portiamo in sala prove le nostre idee, le proviamo e se a entrambi vanno bene allora le proseguiamo e le iniziamo a strutturare, come poi succede anche nella composizione ad improvvisazione.

Possiamo comunque dire che nei nostri pezzi, anche una volta completati e strutturati, non manca l’elemento improvvisazione, infatti nei nostri live molte volte, un pezzo può venir fuori leggermente differente da come è stato suonato in sala prove o da come si sente nella registrazione, perché cosa sarebbe la musica senza l’improvvisazione, la quale da sempre freschezza e nuova vita anche a un vecchio pezzo.

L’improvvisazione per noi è molto importante, per demeb è essenziale, attraverso l’improvvisazione strutturiamo e poi destrutturiamo pezzi già fatti, smontiamo la musica.

Possiamo pensare alle tracce di demeb, come fossero ognuna un castello fatto di lego, la struttura rimane quella ogni volta (certo non vai a smontare una cosa che per costruirla c’hai speso tempo e incazzature) però ogni tanto è divertente cambiare posto a qualche pezzo del castello, e perché no, ribaltare anche qualche torre.

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