“Sono l’unico componente di una band che non sono mai riuscito a formare”: questa l’autopresentazione di Poorwhite, musicista bolognese che ha pubblicato di recente Echoes of Spoon River – Part 1 – The Hill, raccolta di canzoni, brevi e influenzate dal folk e dal songwriting anglosassone, sul topos classico dell’opera di Edgar Lee Masters.
Poorwhite traccia per traccia
Partenza molto tranquilla e con una punta di malinconia, ma se vogliamo anche di risentimento, per una beatlesiana Hod Putt.
Contrappunto veloce e piuttosto corale quello di Deacon Taylor, anche qui in salsa liverpooliana. Impianto sonoro semplice ma vedute più larghe quelle di Julia Miller, che ha in sé un dramma ma riesce a contenerlo.
George Gray si fa quasi psichedelica, comunque lenta, morbida e avvolgente. Sentimenti corali quelli espressi da una tranquilla e moderatamente triste Oscar Hummel.
Toni piuttosto british e narrativi quelli che si incontrano nel racconto a proposito di Harold Arnett.
Esplorazioni più “orchestrali” quelle che si incontrano in Schroeder the Fisherman, che prova a fornire orizzonti sonori più profondi. La chiusura è particolarmente malinconica, con Robert Davidson.
Ci sarebbe da ridire, a ben vedere, sulla copertina (un filo inquietante) e se vogliamo anche sulla scelta del tema, perché quanti dischi ispirati a Spoon River sono usciti nel corso degli anni? Ma non c’è da ridire né sulle capacità musicali né sulle qualità di esecuzione di Poorwhite, che riesce a essere aderente al progetto senza rivelarsi monocorde o prevedibile.

