Quando si parla di Lauro De Marinis, conosciuto ai più con il nome d’arte Achille Lauro, le sensazioni che pervadono sono sempre e inevitabilmente contrastanti. Lo erano agli esordi, quando si intuiva tanto ma altrettanto doveva ancora essere svelato. Lo sono anche oggi, nonostante l’artista romano sia giunto al traguardo del sesto album di inediti, sia stato ospite fisso dell’edizione 2021 del Festival di Sanremo e sia ormai uno dei volti più noti della musica contemporanea. In occasione dell’uscita di Lauro, il nuovo album, anche TRAKS ha partecipato alla conferenza stampa covid edition in collegamento via Zoom.
Scrive tanto Lauro, scrive quando sente di avere qualcosa da dire, qualcosa da dare, che siano performance che regalano stupore e colore o frammenti di vita vissuta, di cuore scoperto, di personalità da conoscere. Ossessionato dai dettagli, convinto di dover analizzare e curare ogni aspetto, ogni minimo particolare, dai respiri ai colori, come un artigiano che crea qualcosa di nuovo frullando quello che è stato, quello che ha vissuto, e quello che vorrebbe. Ciò che scrive a volte va a finire in un libro, a volte diventa testo di una canzone, spesso non ha una forma ma è solo figlio dell’esigenza di un momento.
La cover di Lauro è una tela che rappresenta il gioco dell’impiccato e il classico omino stilizzato che si usa in questo gioco: una scelta minimalista, soprattutto guardando ciò che il cantante si lascia alle spalle. La O è rossa come l’errore sui compiti delle elementari, perché in quel gioco la parola non può essere scritta per intero, che se no non vale. E invece lo facciamo valere, non è la fine, andiamo avanti, cambiamo ancora. Per ogni lettera un genere musicale, ognuno con la sua attitudine e le sue contraddizioni, portate e vissute già sul palco dell’Ariston: c’è il glam rock, la scelta di essere tutto e niente, il manifesto di libertà per eccellenza, la solitudine coperta da trucco e costumi imponenti.
C’è il rock’n roll e la sua sensualità, la voglia di rinascita, il passo a due di Claudio Santamaria e Francesca Barra sulle note di Bam Bam Twist. C’è la musica pop, quella spesso considerata di poco valore, quella troppo spesso fraintesa nonostante il successo. C’è il punk rock, icona della scorrettezza, la scelta di non seguire per forza ciò che funziona ma di fare quello che si sente, a costo di andare contro corrente. C’è infine la musica orchestrale, i solisti che hanno studiato da soli ma che soltanto insieme riescono a creare una grande opera.
Achille Lauro: il presente non esiste
Oltre al costume e alle parrucche c’è di più, e noi di TRAKS lo avevamo già capito. Lauro sente però il bisogno di precisare quanto lavoro, quanta fatica e quanta voglia di far bene ci sia dietro ogni esibizione, senza lasciare nulla al caso, dalla scrittura dei pezzi alla posizione dei ballerini sul palco. Le performance e ogni prodotto a marchio De Marinis sono il frutto di una collaborazione tra tutte le persone del team, anche quelle che hanno mansioni lontane dalle luci della ribalta.
Lauro racconta di non vivere mai nel presente: guarda al passato con malinconia, e il solo futuro che vede è la costruzione di un sogno, il tentativo di realizzare quello che ancora non esiste. Rivolgendo lo sguardo al percorso artistico che lo ha portato fin qui, questa sensazione di mancanza di presente si riesce ad avvertire: in nessun momento ha pubblicato un brano che aveva le sembianze delle nostre aspettative. Anche a Sanremo ha scelto di non promuovere il nuovo disco in uscita ma di portare brani già conosciuti credendo fermamente nel suo amore per l’arte e non alle logiche del marketing.
È così che forse invece la Generazione X di cui si parla nell’omonimo brano ha perso il suo focus: non crede più a niente. Non c’è una religione a cui aggrapparsi, non c’è matrimonio che cementi un’unione, non c’è la costruzione del proprio percorso ma un tirare a campare per portare a casa lo stipendio, l’incisione dell’ennesimo tormentone perché è quello che si pensa potrebbe vendere anche se non ci rappresenta per niente. Forse, ipotizza, l’aver vissuto in una comune, con persone molto più grandi, gli ha permesso di vedere effettivamente chi non sarebbe mai voluto diventare, e di scegliere il suo percorso nel mondo della musica non appena si è presentata l’occasione.
Con le domande dei colleghi si parla anche di denuncia sociale, di mancanza di rispetto della figura femminile, di Roma e del suo fascino poetico e decadente, di diritti umani che dovrebbero essere ormai acquisiti e che ancora fanno notizia dopo 100 anni di stereotipi pericolosi. Immancabile il riferimento a Renato Zero e ai paragoni che si sono sentiti circolare: il costume sicuramente li accomuna, ma lo stesso Lauro continua a ribadire che l’impronta unica e originale rende tutti gli artisti ben diversi tra loro.
Ha già una quarantina di nuove canzoni a fuoco, ma Lauro sarà l’ultimo album perché prima di scrivere altro l’autore vuole vivere. Sentire, essere, e poi raccontarlo. Spesso anche io mi sono chiesta come si possa parlare d’amore quando non si è innamorati, come si possa sentire qualcosa solo perché si decide che sia l’emozione appropriata a quel determinato contesto. Chissà se è per questo che fin dagli esordi questo ragazzo mi è sempre stato simpatico.
Non abbiamo avuto il tempo di rivolgere la nostra domanda, ma mi piacerebbe, prima o poi, provare a chiedergli… che cosa vorrebbe che smettessimo di chiedergli. Spiace pensare che nonostante gli anni trascorsi e i traguardi raggiunti, un artista debba ancora sentire l’esigenza di difendere il proprio lavoro, di doverlo spiegare. Anche se tira dritto per la sua strada, anche se ha fatto del successo la sua libertà, negli occhi sembra portare sempre un piccolo dolore, il bisogno di giustificare le scelte per prevenire le critiche forse.
Il disco uscirà domani. Non vediamo l’ora di ascoltarlo.