Ci sono atmosfere, toni di voce, sonorità che riescono a essere inconfondibili nonostante il tempo che passa. Quelle che sa creare Alessandro Sipolo, cantautore bresciano giunto al suo quarto album in studio, rientrano esattamente in questa categoria. D’io Matria Vaniglia è il titolo scelto, non a caso, per questo nuovo capitolo, che facendo il verso allo slogan Dio, Patria, Famiglia vuole riportare l’attenzione su quel che accade intorno a noi, giorno dopo giorno. Un viaggio iniziato durante la pandemia, quando al disperato grido di speranza Andrà tutto bene ha fatto eco un tonfo verso il nazionalismo.
Questo disco è figlio di un lungo lavoro iniziato nel tempo sospeso della pandemia. Quel periodo, solitario e solidale, sembrava aver segnato il declino della retorica più rozza e bigotta, sbugiardata dalla necessità urgente di individuare decisori politicamente e scientificamente competenti. E invece, un minuto dopo la fine del pericolo, l’onda nera dei nuovi nazionalismi è tornata più forte e violenta di prima. #nonéandatotuttobene. Questo disco è ‘un progetto politico’, avrebbe detto qualcuno. Del resto per me non c’è mai stata separazione tra l’attività politica, quella cooperativa e quella musicale. Nel mio percorso cambiano spesso le forme espressive, non la sostanza
In questo lavoro nulla è lasciato al caso, a cominciare dalla spiegazione, rapida e chiara, degli intenti: D’io, con l’apostrofo, è lo sguardo distolto dal cielo e rivolto all’umano. Matria è la terra accogliente, luogo dai confini permeabili contrapposto alla Patria, guerresca e identitaria. Vaniglia è il profumo volatile del piacere, opposto alle “radici” del dovere tradizionale. Influenze e generi musicali si mescolano a quel che siamo costretti, volenti o nolenti, ad assistere nel quotidiano, talvolta allietato da qualche sollievo speranzoso e ardente.
Alessandro Sipolo traccia per traccia
Musica musica, senti che cuore in festa / sanguina, gode e trema / davanti alla foresta
In punta di chitarra, sempre con delicatezza, le danze si aprono con Vaniglia: il vento fischia forte, la musica fa festeggiare il cuore, il piacere sa farsi strada anche quando sembra non essere opportuno. La voce di Sipolo sa essere, ancora, calda e avvolgente, come quella coperta che a metà settembre torna a far capolino sul divano, in cui avvolgersi quando intorno tutto sembra troppo… o troppo poco.
Cosa pretendi dagli occhi / Cosa pretendi dai versi / E da noi / Polansky
Polansky ritorna a consolidare il secondo filone del cantautore bresciano, richiamando alla memoria del cuore brani che lo hanno reso prezioso nel panorama nostrano come Cresceremo anche noi, pubblicata ormai nove anni fa. Una ballad morbida, quasi rotonda nel suo saper ascoltare oltre che nel suo voler comunicare.
Ma che davero? Signorina cuorenero / Col tailleur e il manganello / tutto vero!
Si rotola velocemente, ma su un tappeto rosso, verso Signorina cuorenero. Ironica, pungente, disperata analisi dell’attuale situazione politica, schierata come, da sempre, chi l’ha scritta ha deciso di essere, racconta di un Presidente del Consiglio, di una speranza che sembra ancora accesa seppur lontana, di pensare di svegliarsi una mattina e di scoprire che era solo uno scherzo.
E avevo bevuto forte / Nel ventre della trincea / La grappa che dà il coraggio che non si ha / D’uscire in faccia alla notte a sfidare il fuoco / Che ti trapassa il cuore
Un inizio parlato, suadente, il ricordo di un contatto, una guerra che rende soli e superstiti: Le nostre trincee parla d’amore e di guerra, di mancanze e di incontri confusi e disorientati allo stesso tempo. Una milonga che, come le onde, sale e scende nel tono e nell’umore, scavando alla ricerca di un coraggio che a volte manca, e che a volte sembra essere l’unica cosa che ti è rimasta.
E per tenermi qui / Dentro il tuo nascondiglio / Dove si può anche tacere / E si può cedere
Un ritorno a casa, la fine di un girovagare, non per mancanza di ulteriore strada ma per convinzione di aver trovato il punto da cui non volersene più andare. Matria è la terra accogliente, la versione materna di una Patria che non sa riconoscere i suoi figli, che li esilia alla ricerca di un nuovo posto dove stare, di un nuovo porto sicuro, di una terra fatta apposta per chi sceglie di abitarla. Matria è una donna, quella che racchiude tutte quelle avute e anche quelle che non si incontreranno mai, fatta apposta per restare. Il brano vede la collaborazione di Finaz della Bandabardò.
Vince vince vince / chi ha la pelle più viscida / Sei pronto a sgomitare? / Molto solido però è il suo capitale
Un’altra collaborazione, che questa volta vede protagonista Lorenzo Monguzzi dei Mercanti di Liquore, impreziosisce Signor padrone e il suo reggae contro un padrone che ha cambiato aspetto ma non la sostanza. Società liquida, lavoratori autonomi, società che cambiano pur restando sempre le stesse.
Dov’è che vai? E cosa cerchi? / Cerco la bellezza / che però non basta mai a trattenermi
Petra danza e fa danzare: l’anima folk di Alessandro Sipolo arriva prepotentemente a spalancare la porta, e lo fa insieme alla cantautrice e arpista Cecilia. Petra viaggia e fa viaggiare, con uno zaino pesante sulle spalle e una leggerezza d’animo che riesce a controbilanciare riportato tutto in equilibrio. Petra arriva ma non sa restare, come spesso succede a chi cerca il proprio posto nel mondo, non disperatamente ma consapevolmente.
E se ti chiamo compagna / stasera lo sai non è solo politica / La lotta come l’amore / prima che passione / pretende da noi responsabilità
Chi sa parlare di impegno sa anche parlar d’amore, e Sandra e Visone ne è un esempio lampante: una terra senza papi né duci né eroi che sa essere dimora accogliente, che sa prendersi cura. Una promessa, non troppo grossa, ma sicuramente onesta e pulita, di quel che si farà in modo che accada. Commovente, ancora una volta.
Matria nostra proteggici / prima dal boia antico / e poi dal fuoco amico / dal libertario mistico / dal qualunquismo artistico / dal nulla orientalistico / e dal lamento solito / perpetuo sconfinato / di chi diserta il pubblico / e annaffia il suo privato
Le preghiere possono risuonare smisurate talvolta, ma quando graffiano si trasformano in un introspettivo tentativo di non contenere, ma di lasciar esondare sentimenti, smarrimenti, timori. D’io va a chiudere lo slogan che compone il titolo, va a chiudere il disco, va a chiudere un cerchio, iniziato ormai tanti anni fa e portato avanti, album dopo album, consapevolezza dopo consapevolezza.
Ci sono atmosfere, toni di voce, sonorità che riescono a essere inconfondibili nonostante il tempo che passa, dicevamo. E qui di tempo ne è passato parecchio, ma non ha saputo invecchiare certe passioni, certe convinzioni, certe canzoni. Perché è vero che parole e note da sole non bastano, ma mai come stavolta sono capaci di svegliare gli animi assopiti.
Genere musicale: cantautore
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