Black Sea Dahu, Daniela Pes, Leyla El Abiri @Lilith Festival: il report

Black Sea Dahu, Daniela Pes e Leyla El Abiri. Tre stili, tre anime, tre mood completamente diversi e visceralmente simili hanno aperto la dodicesima edizione del Lilith – Festival della musica d’autrice nella cornice appena periferica di Villa Bombrini a Genova, nel quartiere di Cornigliano. Una kermesse che abbraccia tutte le forme musicali, a patto che l’intenzione motrice sia femminile. Si spazia così dal rock al folk, dal jazz al cantautorato più puro, per quattro serate mai uguali e sempre sorprendenti.

E’ stato così lo scorso mercoledì 12 luglio, con un’allerta meteo per temporali incombente e un tasso di umidità a tratti allucinante che sono state spazzate in secondo piano senza gravare nemmeno un secondo sulle performance delle protagoniste. Oltre alle esibizioni, presentate e introdotte dalla sapiente esperienza di Andrea Podestà e dalla luce brillante di Lisa Galantini, con le incursioni di Cristina Cavalli per accendere ancora una volta la luce su quanto essere donne sia un super potere da ricordare a tutt*.

Inizia la musica, arriva Leyla El Abiri, artista genovese che sta sempre più ritagliando il suo spazio nella scena contemporanea. Presenta soltanto uno dei brani proposti, Bigiotteria, perché è quello a cui più legata, ma interpreta con passione le canzoni del suo ep Oh no! accompagnata da Stefano Pulcini al basso e alla chitarra e da Emanuele Benenti alla batteria.

Daniela Pes appare dopo un cambio palco lungo ma necessario. La prima a entrare in scena è Maru, composer, performer e trasformer, come recita la sua bio su Instagram, che accompagna in questo viaggio mistico e terreno la vincitrice della Targa Tenco 2023 per la categoria Opera Prima con l’album Spira. Un album sulla bocca di tutti, quasi sempre per osannarlo, al punto da infastidire chi ancora non ha avuto a che fare con l’energia, la creatività, la potenza di questa giovane artista.

Canta in gallurese antico, come già fece De Andrè e come ricordato da Podestà durante la presentazione, inventa nuove lingue, nuovi suoni, sperimenta con loop ed elettricità, e incanta con una potenza vocale e un’intensità penetrante e ipnotica. Inizia a suonare e la cognizione dello spazio e del tempo sembra essere andata perduta, lasciando spazio a scenari a volte aridi e distopici, a volte rigogliosi e pieni di vita. Soffre, si muove, respira Daniela Pes sul palco, abbraccia con i suoni e ringrazia con gli sguardi il pubblico che l’ha attesa e scelta come protagonista di una serata appena periferica di metà luglio. Dall’album sono stati estratti alcuni brani, tra cui Carme, singolo che ha anticipato l’uscita di Spira e che simbolicamente racchiude al suo interno le varie sfumature di questo nuovo, prorompente talento.

Giusto il tempo di riprendersi dalle emozioni che arriva Black Sea Dahu, un nome buffo e misterioso allo stesso tempo, che descrive il progetto musicale di Janine Cathrein e del gruppo di musicisti e amici che con lei hanno intrapreso questo viaggio dalla Svizzera a chissà dove. Una voce inaspettata e particolare al primo ascolto, una chitarra folk e una composizione articolata rappresentano gli elementi chiave di questa band, che ha rapito il pubblico e trasportato su un altro pianeta. Un pianeta diverso da quello su cui ci aveva catapultati Daniela Pes, con una natura accogliente e connessa, e con un’emozione pulsante a tenere uniti cuori e voci.

Sul palco c’è anche la sorella di Janine, Vera, che simpaticamente spinge il merch raccontando di come sono state cucite personalmente dalla band le borse in vendita e parlando italiano utilizzando il traduttore del cellulare. Le rane gracidano con potenza vocale invidiabile, il cielo sembra farsi più grigio, lo spettacolo sta per finire. Le donne ce le hanno suonate, ancora una volta.

Pagina Instagram Black Sea Dahu

Pagina Instagram Daniela Pes

Pagina Instagram Leyla El Abiri

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