C’Mon Tigre, “Racines”: la recensione

c'mon tigre

Esce oggi Racines, il nuovo album dei C’Mon Tigre: il titolo è una parola francese che significa “radici”. Ma qui le radici si estendono in svariate direzioni, di rado facili da intuire.

Dichiarano: “La composizione dei brani ha previsto sin dall’inizio l’utilizzo di macchine e sintetizzatori come base per l’intervento di strumenti acustici. L’obiettivo era di riprocessare in maniera più contemporanea il terreno dell’influenza mediterranea da cui il nostro progetto è indubbiamente partito”.

Nate dall’intimità, le dieci tracce di Racines hanno poi coinvolto altri musicisti, quali Danny Ray Barragan aka DRB, Mick Jenkins, Pasquale Mirra, Beppe Scardino, Mirko Cisilino, Marco Frattini, Jessica Lurie, Amy Denio, Tina Richerson, Sue Orfield, Alessandro Rinaldi, Henkjaap Beeuwkes.

C’mon Tigre in tour, le prime date:

22-02-2019 BOLOGNA – TPO
28-02-2019 MILANO – Santeria Social Club
09-03-2019 ROMA – Monk
10-03-2019 TERLIZZI (BA) – MAT
14-03-2019 TORINO – Hiroshima Mon Amour
15-03-2109 PADOVA – Hall
22-03-2019 BRESCIA – Latteria Molloy
23-03-2019 FIRENZE – Auditorium Flog
29-03-2019 RAVENNA – Bronson

C’Mon Tigre traccia per traccia

Guide to Poison Tasting apre il disco, sarebbe semplice dire in maniera “velenosa”, ma in realtà c’è molta dolcezza e un po’ di rimpianto in questo brano evidentemente jazzato e nascosto da vari veli sonori. Il finale è un’escursione tribale in una giungla elettronica.

Si riparte con Gran Torino, un invito alla danza, però irregolare e scomposto, in cui la sostanza ritmica si sfarina attraverso miraggi e sensazioni che prendono direzioni diverse.

Il discorso, vellutato, della contaminazione trova ulteriori picchi in una sognante Underground Lovers, con Mick Jenkins, che si muove in ambiti urban ma soft.

Più vibrante, serpeggiante, comunque notturna ma con bagliori improvvisi è la natura di 808, con un dolore distillato ed espresso con cautela.

Un drumming muscolare contraddistingue Behold the Man, probabilmente il pezzo più robusto del disco, pur senza rinunciare alle sfumature e ai dettagli.

Pensieri che volano (a Picasso?) con Paloma, sorta di corridoio elettronico nel quale ci si muove con una certa lentezza, in attesa di una rivelazione che si materializza, tra i fiati e il crepitio del vinile.

Breve e con passo sostenuto ecco poi Quantum of the Air. La title track Racines ha un giro ben determinato e molti movimenti spontanei, con il sax e la chitarra che si dividono i momenti di intervento.

As Tu Été À Tahiti è un breve intermezzo piuttosto dreamy. Si chiude con
Mono No Aware 物の哀れ, altro pezzo con spunti malinconici, ritmica irregolare e dolorosa, rimbalzante e intestina.

Opera complessa e stratificata, l’album dei C’Mon Tigre è uno dei dischi più interessanti dell’anno già ora, e probabilmente lo rimarrà per i mesi a seguire.

Il duo (ma anche “collective of souls”) mette insieme un disco di grande eleganza, non troppo appiattito su alcuna tendenza o genere, in grado di volare alto o di muoversi sottoterra con fluidità e senza sporcarsi mai. Ottima prova.

Genere: elettronica, jazz

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