Pubblicato per Stranamente Music su tutti i digital store, il primo ep dei Colfischiosenza si intitola Anelo al Nobel. Cinque tracce inedite per un racconto ironico e talvolta strampalato, di varie forme di amore attraverso strani personaggi tra sogni, ironie e paradossi. Abbiamo rivolto loro qualche domanda, ci ha risposto Francesco Bianco, cantante, chitarrista e autore dei brani.

Vorrei partire da un’autodefinizione. Nel senso: nel vostro ep si trova jazz, tango, canzone d’autore e parecchio altro. Ma voi che genere suonate, esattamente?

Come si potrebbe evincere dalla domanda, non è possibile catalogare il nostro stile in un genere musicale prestabilito. Lo stesso J.S.Bach spaziava su diversi generi: scriveva fughe, arie, suite, toccate utilizzando ritmi e danze diverse tra loro come gighe, sarabande, allemande, minuetti e molti altri. Il nostro stile ricalca in parte il percorso fatto da diversi cantautori prima di noi, i quali hanno colto e fatto propri i ritmi e i generi che si sono evoluti all’interno delle varie etnìe.

Per esempio lo swing, la bossanova, il samba, la polka e molti altri ritmi caratteristici di diverse popolazioni, nel corso del secolo scorso sono stati assorbiti da autori che, vestendoli di testi poetici o suonandoli “alla loro maniera”, hanno contribuito a far nascere il genere cantautorale. Attraverso questa fusione si è potuto anche parlare di altro che non fosse necessariamente l’amore, e le possibilità di esprimere un’idea di canzone sono così cresciute enormemente.

Più semplicemente direi che ci sentiamo legati al genere “cantautorale” che lascia spazio a tante possibilità di sperimentazione. Ciò che fa da elemento legante alle tante sfaccettature musicali è sicuramente la scelta, forse anacronistica, di condurre sempre un sound acustico.

Se invece doveste raccontare la storia della band?

La nostra è una storia che ricalca pressappoco il genere che facciamo, ovvero in passato abbiamo suonato di tutto o quasi. Molti di noi hanno cominciato con gli studi classici per poi esplorare i campi della musica afroamericana, c’è chi ha suonato folk, punk, chi è appassionato di musica elettronica, e in questa formazione ciascuno mette a disposizione il suo bagaglio di esperienze che ovviamente siano coerenti col progetto “Colfischiosenza”.

La storia dei Colfischiosenza è un viaggio che dura da più di 8 anni e nasce sostanzialmente da un desiderio di esprimerci sia attraverso rivisitazioni di autori a noi cari che componendo brani originali. Anelo al Nobel nasce dopo un lungo periodo di lavoro, prove, confronto, concerti nei posti più disparati. Far sopravvivere e far crescere una band significa dividere letti, essere spesso a tavola con gli altri, esaltarsi per un concerto meraviglioso e deprimersi per un altro che ha deluso le aspettative, significa vivere e conoscere gli altri e permettere agli altri di farti conoscere.

Avere un’altra famiglia insomma, con tutte le noie e le gioie che la famiglia comporta. La storia della Band, con tutti gli aneddoti, la genesi e le varie vicissitudini, francamente, sarebbe un troppo lunga da raccontare.

La cifra ironica dei vostri brani si alterna a una vena molto poetica, per esempio ne Il ritorno di Antoine. Quali sono le vostre fonti di ispirazione?

Il nome Colfischiosenza starebbe a indicare un approccio alla vita e a tutte le sue sfaccettature bivalente: l’approccio serioso o scanzonato, quello triste o quello allegro, a ricordare l’eterna lotta tra lo yin e lo yang, tra il bello e il cattivo tempo e non finiremmo più di parlare se dovessimo entrare nel territorio degli opposti e delle scuole filosofiche che ne hanno discusso i contenuti.

Allo stesso modo siamo riusciti a far convivere la poesia de Il ritorno di Antoine con l’ironia e la presa in giro di altri brani presenti nell’ep. L’ispirazione nasce quando si sente l’esigenza di dire qualcosa, e in modo naturale il nostro modo di comunicare attinge dalla musica e dai cantautori che ci sono cari. Potrei elencare qualche autore a cui sono maggiormente legato e comunque sarebbe  riduttivo, poiché nel corso di una vita si apprezza tanto modo di fare musica e di scrivere testi.

Personalmente sono affascinato dalle cose diverse e dai linguaggi differenti, da preadolescente ascoltavo Eros Ramazzotti, Luca Carboni, Fabio Concato e Zucchero, crescendo sono passato velocemente attraverso il rock per scoprire Pino Daniele, e poi Paolo Conte, Vinicio Capossela, Tom Waits, Fred Buscaglione, Gianmaria Testa, Leonard Cohen, Fabrizio de Andrè, Francesco de Gregori e i grandi del Jazz.

Ma ripeto, non credo che si possa individuare con esattezza quale sia la fonte di ispirazione per comporre brani, piuttosto direi che bisogna assecondare quella cellula melodica che ti ronza in testa e favorire la gestazione di una melodia e di una storia che abbia un senso, lasciarsi andare e fidarsi del proprio istinto.

Le radici della vostra musica partono da molto lontano. Ma c’è qualcuno della musica di oggi che costituisce un punto di riferimento per voi?

Oggi abbiamo libero accesso a così tanta musica che è sempre più difficile orientarsi e avere un punto di riferimento. Per comporre bisognerebbe partire dalla conoscenza, studiare gli autori, interpretarli, tutto sacrosanto, ma a un certo punto è necessario svincolarsene ed essere se stessi che, come in tutti i campi, è la cosa migliore da fare per poter essere un minimo credibili.

A breve, con il rispetto delle distanze eccetera, si potrà riprendere a suonare dal vivo. Come si prospetta la vostra stagione live? C’è qualche speranza?

A breve si potrà riprendere a suonare? Ce lo auguriamo e lo auguriamo a tutti quelli che hanno fatto della musica e dell’arte di esibirsi il proprio mestiere. La stagione la vediamo seriamente compromessa, e quasi ce ne siamo fatti una ragione. Ciò che ci consola è che, dalla notte dei tempi, la musica e la poesia non hanno mai cessato di esistere  e l’essere umano non potrà evitare a lungo di nutrire la propria anima.

Colfischiosenza traccia per traccia

Ironia e un po’ di jazz sono i blocchi di partenza da cui parte l’ep, con l’amore infranto di Jessica. Istinti narrativi e influenze da Buscaglione in là si manifestano con generosità.

Anelo al Nobel è la title track e mette in evidenza anche qualche certo virtuosismo vocale, sorretto da una buona tessitura strumentale.

Un momento di serietà si consuma con Il ritorno di Antoine, dedicata a Antoine de Saint-Exupéry, trasvolatore e autore del Piccolo principe. L’atmosfera è più dolce che fiabesca, più notturna che ovattata.

Si va verso frontiere americane con Fango sulle scarpe. Ma l’America è quella piena di ritmo e sensualità del tango, con uno spirito ora tranquillo ora più movimentato.

Diva, ultimo brano dell’ep, torna ai toni ironici e parzialmente surreali. Con qualche paradosso quasi lirico, molti svolazzi e molta fantasia.

I Colfischiosenza appoggiano sul tavolo cinque brani divertenti, ben costruiti, retrò senza mai appesantirsi di nostalgia, e si segnalano come una pontenziale ottima sorpresa.

Genere: canzone d’autore, jazz

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