Coma_Cose, “Nostralgia”: recensione e streaming

Hanno iniziato a raccontarcelo un paio di giorni fa, i Coma_Cose, il loro nuovo album. Nostralgia, un disco breve, compatto, intimo, senza giochi di parole (a parte il titolo), un disco di passaggio ma anche di svolta, per andare oltre l’esperienza sanremese, senza dubbio positiva, mantenendo la propria coerenza.
Ed eccolo qua, in uscita oggi venerdì 16 aprile, con sole sei canzoni più un’outro. Poco più di venti minuti, sostanzialmente un ep che cresce intorno a Fiamme negli occhi ma che mette in evidenza anche alcuni passi avanti a livello compositivo della coppia.
Coma_Cose traccia per traccia
“A noi ci importa dell’amore”: una serie di immagini su sonorità morbide, nebulose e un po’ malinconiche introducono alle Mille tempeste che aprono il disco. Chitarre filtrate e suoni virati fanno fluttuare in una canzone parcheggiata di notte, “fuori dalle Esselunghe”. Qualcuno cerca di farsi salvare la vita da una canzone pop, ci raccontano i ragazzi. Ci riuscirà? Lo scopriremo ascoltando.
Il Battisti interno, che probabilmente non si avvertiva in modo così intenso dai tempi di Anima lattina, si canalizza nella voce di Fausto che apre La canzone dei lupi. Sono lupi tristi, accompagnati dagli archi, che però non si fanno addomesticare (i lupi, non gli archi).
Si rimane in ambiti di malinconia morbida nella più corale e armonica Discoteche abbandonate, che parla di un “Berlusconismo interstellare” che si lascia dietro solo macerie, in un brano che parla al passato ma anche un po’ al presente. Cercando il perdono più difficile, quello di se stessi.
La Venere di Milo che cerca di abbracciare un uomo e le tante altre immagini di Fiamme negli occhi, successo sanremese (tre anni fa qualcuno avrebbe pensato di scrivere “successo sanremese” e “Coma_Cose” nella stessa recensione?) collocato strategicamente a metà album. Preso in modo isolato sembrava un pezzo un po’ malinconico, ma immerso nel disco fa l’effetto di un energizzante o quasi.
Ma la scossa serve: ecco Novantasei, che i social hanno già eletto come early prefe (la canzone preferita al primo ascolto. Figo eh? L’ho inventata adesso). La voce di California guida il viaggio, che è elettrico e rock’n’roll, parla dei Nirvana in Brianza (con tanti saluti al Bloom di Mezzago), ci mette chitarra e batteria e vibra parecchio.
Le ricadute depressive però sono immediate: si torna al supermercato con Zombie al Carrefour, sostanzialmente una linea vocale di Francesca appoggiata sulle malinconie del pianoforte. Voglia di festeggiare (e di vomitare) che viene lasciata da parte per il momento, di fronte al bisogno di fare qualcosa di normale. La battaglia con le memorie è sempre complicata, ma a volte si vince facendo la spesa. Si chiude con l’Outro (skit), che poi è un vocale scambiato sul tema del titolo del disco.
La città, ma stavolta anche la provincia, i supermercati, l’amore ovviamente: gli ingredienti delle canzoni dei Coma_Cose sono sostanzialmente gli stessi. Ma il duo è in crescita, anche se magari qualcuno potrebbe sentirsi tradito. Perché, senza scossoni violenti, la musica sta cambiando, si cerca meno la presa facile e ironica sull’ascoltatore, il colpo di scena.
Camminano nel bosco ma non seguono il sentiero, i due ragazzi, che all’Ariston hanno presentato un’immagine calda, amorevole e anche rassicurante, ma che hanno dei fantasmi con cui fare i conti e che iniziano piano piano a metterli in circolo con questo disco, che è sì di passaggio, breve e cupo. Ma che funziona e preannuncia ulteriori evoluzioni.