Cristopher Bacco (Studio 2): non ci sono regole, purtroppo

Realtà ormai ben radicata a Padova, lo Studio 2 di Cristopher Bacco compie 10 anni emergendo dalla pandemia più forte che mai: uno studio di registrazione e non solo che fin da subito si è affermato come di riferimento per ogni tipo di artista. Nel corso degli anni infatti, lo studio ha raggiunto artisti e gruppi provenienti da tutta Italia, lavorando con nomi del calibro di The Winstons, Bobby Solo e Marco Cocci ampliando sempre di più la clientela e i servizi per chi è in cerca di un Recording Studio all’avanguardia. Noi abbiamo deciso di fare un salto in studio da lui, ed ecco cosa ci ha raccontato a riguardo.
C’è qualcosa che gli artisti dovrebbero capire o apprendere al più presto per riuscire al meglio nel loro percorso musicale? Un produttore si ritrova spesso a dover dare consigli, quali sono i tuoi?
Non ci sono delle regole, purtroppo, di conseguenza il consiglio che mi sento di dare, almeno nell’ambito della produzione, è di trovare dei collaboratori di cui fidarsi, che facciano il bene del progetto, e di pensare anche a lungo termine, non solo all’entrata in studio e alla registrazione, ma avere già ben in mente dove si vuole arrivare e quali saranno le prossime mosse. È importante sapersi muovere in un mondo ormai velocissimo, e lo è ancora di più se sei un artista.
Dal momento che hai avuto modo di lavorare sia con progetti italiani che con progetti esteri, hai notato differenze nell’approccio a un nuovo disco tra le varie provenienze?
Totalmente. In paesi come l’Inghilterra la musica live è all’ordine del giorno e i festival sono ambienti per famiglie, quindi si cresce con la musica live sin da piccoli. In Francia per esempio lo stato aiuta molto gli artisti emergenti con delle risorse pubbliche che permettono anche ai giovani di poter fare musica a tempo pieno, o quasi. Già capendo questo tipo di contesti si può intuire come il rapporto con questa arte sia diverso che in Italia. Qui essendo una conquista lavorare in questo ambiente tendiamo a prenderci troppo sul serio, all’estero ho visto dischi venir fatti molto istintivamente, cosa che in Italia si tende invece a calcolare ogni minimo dettaglio. Ho cercato di trarre il meglio da ogni mia esperienza per crescere e riuscire ad avere approcci diversi per essere sempre in sintonia con l’artista che mi ritrovo davanti.
Ci racconti la tua esperienza con gli Unreal City?
Lavoravo come produttore fonico di riferimento per la famosa etichetta brianzola AMS Records. Un giorno mi chiamarono per registrare un nuovo album di inediti. Conobbi Francesca (chitarrista e manager della band) e da li si creò subito un ottima sintonia. La parte più divertente fu registrare il reparto tastiere, gli arrangiamenti erano davvero intricati e affascinanti. Il disco penso andò bene soprattutto all’estero.
L’industria musicale si è effettivamente ripresa dopo il Covid?
Gli stream penso siano aumentati, per quanto riguarda la mia esperienza personale, siamo stati chiusi fisicamente solo 75 giorni, poi il lavoro è aumentato sempre di più, quindi siamo tra i pochi fortunati.
Come descriveresti Vigonovo a chi non c’è mai stato?
È dove sono nato, c’è un comune di colore rosa, il fiume, svariati bar pieni di anziani che giocano a carte e una forte industria calzaturiera. Purtroppo non c’è molto da vedere, ma speriamo che il nuovo sindaco (musicista) porti un po’ di eventi nazionali per ravvivare quella che è una provincia che rischia di affossarsi tra una briscola e un prosecco.