diplomaticsIl nuovo album dei Diplomatics si chiama I lost my soul in this town. Prodotto sia in forma di CD sia di vinile, il disco contiene 10 canzoni per un totale di circa 35 minuti. Il titolo dell’album vuole esprimere la notevole diffico ltà nell’orientarsi e stare in piedi in una zona come il nordest italiano, composto da zone industriali, centri urbani vuoti e decadenti, aree rurali gonfie di nebbia e in cui l’unico credo è il denaro. Tra le intenzioni di band e disco c’è quella di unire le atmosfere rhythm and blues, funk e soul con quelle più tetre e grigie del punk metropolitano.

Diplomatics traccia per traccia

Si parte da Love boat, con scarsi riferimenti all’omonimo telefilm degli anni Ottanta e molti link al rock-blues tradizionale, con atteggiamenti vocali che possono far pensare agli Aerosmith. Più diretta e picchiata You make me crazy, in cui la velocità si alza e così il volume.

Sunshine glow rende nota la nozione che non si può abbassare il volume: picchiata e gridata e anche un po’ sguaiata, stonesiana nell’intimo e con armonica a bocca. Nothing but you è altrettanto rumorosa, anche se sembra un po’ più “allineata”, almeno fino a un finale più fantasioso.

Atteggiamento d’assalto anche quello di Lost in town, cui fa seguito la già nota Hey loser, you poser, aggressiva ma con qualche idea glam, scelta come singolo di presentazione dell’album. Ci sono i fiati in Today, a fare da contraltare a una chitarra piuttosto ruggente e a rinforzare le idee r’n’b del pezzo.

Pensavi di riposarti per il finale? Scordatelo. Ecco Moving on, scatenata più che mai, con voce e chitarra impegnate a tenere alti i giri del motore. Pianoforte a martello e chitarra con libertà di svisata e di assolo nella torrenziale Falling down, con finale da big band. Si chiude con Fill it up, che apre con il drumming e poi disegna un altro blues rock dagli accenti stonesiani, caldi e un po’ sporchi.

La carica vintage dei Diplomatics convince, al netto di qualche ripetizione evitabile. L’album scorre fluido e diverte, riuscendo a tenere alta la tensione nonostante l’armamentario utilizzato sia quello comune al buon vecchio Rock’n’Roll di tutti i decenni scorsi.

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