I Dirty Trainload provengono dalla Puglia ma riempiono le canzoni del loro quarto album, Revolution and Crime, di suoni di provenienza americana, amalgamati però con idee del tutto personali e legate alla realtà circostante. Abbiamo rivolto a Bob Cillo e Livia Monteleone qualche domanda.

Per questo nuovo lavoro, “Revolution and Crime”, avete ampliato la formazione unendo quelle delle esperienze precedenti. Come mai questa scelta e com’è andata?

BOB: Dirty Trainload sono nati come un duo ma nonostante l’organico ridotto all’osso, fin dagli esordi hanno avuto una formazione mutevole in cui sono stato l’unica costante a fare da trait d’union. La band ha comunque mantenuto sempre un’impronta riconoscibile e una certa coerenza stilistica. Nel 2011 pubblicammo il secondo album Trashtown, scritto e realizzato a quattro mani da me e Livia, che cantava e suonava contemporaneamente percussioni e altri strumenti.

Livia è italo-americana e vive in California, all’epoca veniva molto di rado in Italia. Dopo l’esperienza di Trashtown divenne estremamente problematico proseguire la nostra collaborazione con un oceano di mezzo e fu così che il nostro sodalizio si interruppe. Per il terzo album A Place for Loitering feci coppia con il batterista Balzano, che aggiunge dinamica e profondità al sound suonando in sincrono con i loop delle rhythm box.

Oggi Livia è in grado di garantire maggiore presenza; io e lei siamo sempre rimasti legati da una sintonia artistica molto forte e ora che i problemi di ordine pratico appaiono superati, è venuto naturale tornare a suonare insieme. Livia e Balzano hanno ruoli complementari quindi è stato semplice fondere le due precedenti formazioni in duo e creare un nuovo trio. Il processo di unificazione delle formazioni è stato ulteriormente facilitato dalla grande amicizia e intesa personale che ci lega tutti e tre.

LIVIA: Comunque c’è una integrità e continuità facile da individuare, anche nella discografia. I belong to DTL, it just is not easy when you live on the other side of the planet!

Le idee di base di “Revolution and Crime”, pubblicato il 25 aprile e con riferimenti politici chiari, sono molto forti. Ce ne volete parlare più nel dettaglio?

LIVIA: Dirty Trainload ha sempre avuto vagoni carichi di lerciume di cui parlare, suonare e cantare. Spesso il lerciume di cui si parla, come poi succede nel blues, da sempre, è una denuncia di quello che viviamo sulla nostra pelle, un’espressione di malcontento, e di rivolta. Anche Trashtown è stata una collezione di tracce che si sono ispirate a chi vive nelle ‘fringes’ di conglomerati più o meno urbani, vittime o artefici di aberrazioni sociali.

Con Revolution and Crime abbiamo fatto un passo in più, abbiamo deciso di gridare senza filtri quello che vogliamo denunciare, crimini perpetrati dai nostri governi, contro le minoranze, contro chi scappa da guerre che arricchiscono specifiche industrie, o chi marcisce in prigione per lo stesso motivo. Contro ciò che noi chiamiamo “l’ambiente”, che è poi la terra di qualcuno, che deve soffrire le conseguenze di una trivellazione per petrolio, per condotti petroliferi, come il Keystone Pipeline, o si pensi al ‘nostro’ Tav, le foreste Amazzoniche distrutte per le piantagioni di olio di palma, o qualsiasi industria che avvelena intere regioni, impoverisce e abusa di intere comunità.

Siamo nelle mani di oligarchie e lobby quando pensiamo ancora di essere paesi democratici. Sembra spesso che siamo diventati insensibili ai disastri causati dai nostri governi e tendiamo ad accettarli passivamente. In un modo molto spontaneo, scrivendo insieme le nostre nuove tracce, è venuto a galla un set che vuole denunciare tutto questo, e senza troppe macchinazioni, e anche in un modo abbastanza spontaneo e celere, è nato Revolution and Crime.

BOB: Come hai giustamente ricordato la data di pubblicazione del 25 aprile celebra la liberazione dall’occupazione nazi-fascista come augurio che i popoli possano sempre affrancarsi dai dittatori e dal potere delle nuove tirannie. Anche l’illustrazione di Claudio Losghi Ranieri in copertina è in tema, rappresenta l’attentato di Gaetano Bresci a Umberto I.

Dal punto di vista sonoro mi sembra che l’idea sia quella di offrire una grande varietà di sensazioni pur rimanendo sempre in terreni blues… Com’è nato il suono del disco?

BOB: Trovare un modo nuovo e personale di interpretare il blues pur manifestando un grande amore e attaccamento alle sue radici più profonde: è una sfida che abbiamo intrapreso fin dal primo album: da quel che mi risulta nessuno aveva battuto questa strada prima di noi in Italia.

Revolution and Crime è la risultante di questa esperienza; nell’album convivono tutte le componenti della nostra formazione musicale, armonicamente fuse in quello che, non troppo seriamente, definiamo “Dissident Blues”. Nel nostro sound sono riconoscibili il blues, il garage-punk, il rock’n’roll ma anche soluzioni sonore non scontate e del tutto personali.

LIVIA: Direi che il suono del disco è fedele a quello che è sempre stato il sound di Dirty Trainload, solo che si sono fuse le due formazioni: come abbiamo detto annunciando l’album, 2+2= 3!

Con la fusione delle due formazioni ovviamente il sound è ancora più pieno, e anche aggressivo, ma sempre saldato sulle rotaie di un blues sporco e viscerale. Con Balzano alla batteria non devo più occuparmi delle percussioni (tranne un occasionale washboard), e mi posso dedicare a completare le chitarre di Bob con i suoni bassi della chitarra baritona o con il twang del banjo.

Una novità è il theremin, uno strumento complesso, misterioso, pericoloso e terribilmente eccitante. Va usato con parsimonia, ma in modo deciso. Riguardo la varietà di sensazioni seguendo la scaletta dei vari brani, vorrei solo osservare che noi ci dedichiamo senza timori a idee originali e a cover che hanno su di noi un appeal a cui non sappiamo resistere. I brani trovano la loro strada suonandoli e ne vien fuori una varietà notevole, pur mantenendo una certa identità e omogeneità di fondo.

Come nasce “End of Welfare State”?

BOB: L’idea del testo di quel brano mi venne ispirata da un giornale quotidiano; un titolo annunciava che il nuovo governo olandese aveva dichiarato ufficialmente la fine dello stato sociale. Mi sembrò che quella notizia, nella sua tragicità, contenesse una componente grottesca del tipo: “andate tutti a farvi fottere, potete crepare ma da oggi ognuno bada a se stesso e non alzeremo più un dito né per voi, né per nessuno!”.

Facevo due passi solitari dopo il soundcheck a un gig quando mi saltò in mente quel riff e pensai che si potesse sposare bene con l’idea di quelle lyrics. Livia ha poi scritto la stesura definitiva del testo per arricchirlo, adattarlo al proprio gusto e al proprio modo di cantare.

Avete sempre fatto vasta promozione live dei vostri lavori, avendo ottimi riscontri anche all’estero. Che cosa avete in programma per questo lavoro?

BOB: A breve torneremo a suonare in Estonia e Finlandia poi naturalmente saremo a disposizione di chiunque sia felice di organizzare un nostro show, in qualunque angolo del mondo!

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