Gli En Declin riducono all’osso la formazione: Andrea (chitarra), Marco (batteria, programmazioni) e Maurizio (voce) pubblicano A Possible Human Drift Scenario suonando da soli e senza ulteriore apporto di strumentisti.
In altre parole, reinventano la band e la posizionano su nuove coordinate sonore, da un lato custodendo gelosamente quell’anima umbratile mista a contaminazioni progressive che li contraddistingue da sempre, dall’altro affiancandola a sonorità figlie di Puscifer, A Perfect Circle e Massive Attack. E questa dualità, questa tensione musicale riflette i testi e la struttura del disco, figlio di uno scontro tra due realtà – in estrema sintesi, potremmo definire del cambiamento/non cambiamento – che genera stallo e, se non superato, condurrebbe l’uomo alla deriva.
Sicché, a distanza di dieci anni dalla precedente uscita discografica, la nuova sfida targata En Declin si intitola A Possible Human Drift Scenario e uscirà il 13 settembre 2019 per la fidata compagna di avventure My Kingdom Music (distribuzione Goodfellas).
En Declin traccia per traccia
Si parte da un brano dialettico e introspettivo, ma con qualche aspetto pop, come It’s Time to Give it a Boot.
Serpeggia nel buio The Becoming, che segue con modi notturni e un po’ magici.
Atmosfere più pesanti e suoni quasi new wave per Gea, che irrobustisce il drumming. Si rimane in ambito mitologico con una più agile Caronte, elettronica fin dalle fondamenta ma capace di respiri molto vasti.
Sonorità pressoché nu metal e tempi irregolari per Undressed, che rivela meglio le originalità della band, anche nel cantato.
Con Mr. Lamb si declina verso lunghezze e languidezze post rock, con una significativa parte del testo cantata in italiano.
Clima malinconico ma più leggero quello di Das Eismeer, mentre The Average Man si presenta più essenziale nei tratti ma anche piuttosto serrata.
Social Legal Limbo ha risonanze profonde ed evocativo, nonché qualcosa dei Depeche Mode nell’attitudine, anche qui con brani cantati in italiano.
Si chiude con una decisamente curiosa cover: una versione acida di Another Day in Paradise, antico successo di qualcuno che sembrerebbe piuttosto lontano da modi e toni degli En Declin, Phil Collins.
Meno, a volte, è meglio: gli En Declin si compattano e pubblicano un disco omogeneo a livello sonoro ma anche convincente nella sua totalità. Le dieci tracce fanno trasparire ottime possibilità anche per la formazione più “slim” della band.