Nuvola è l’ep d’esordio di Esteban, progetto indie pop lo-fi di Esteban Ganesh Dell’Orto, ragazzo classe 2000 che si caratterizza per un melting pot di influenze: origini cilene, una cultura indiana di derivazione materna, nato a Palermo e trasferitosi a Milano dove attualmente trascorre la sue giornate tra l’Accademia delle Belle Arti di Brera e le attività di insegnamento dello yoga e del calcio ai giovanissimi.
Esteban non si definisce un cantante, né un musicista ma un “comunicatore” che ha trovato nella musica una delle sue tante forme di espressione ispirato dall’amore per artisti come Battiato, De André ma anche De Gregori, Battisti, Guccini, Loredana Bertè e Mina declinandoli una chiave più scanzonata, lo-fi con sfumature psichedeliche e influenze sudamericane e orientali.
Storie diverse di oggetti e abitudini, di gesti e sapori, della routine, quella forzata, costretta dal virus che ancora oggi ci tiene in ginocchio. Nuvola l’ho scritto a marzo 2020, durante le fasi iniziali della pandemia. È un racconto di tutte quelle piccole realtà che portavano via la mia mente dalla paura, dal silenzio e dalle sirene che tagliavano le mute città. Nuvola è leggerezza, è spensieratezza, è tutto ciò che ti porta a vivere senza la paura dell’ignoto: Nuvola non sono io, ma ciò che vorrei un giorno diventare. È un ponte fra Milano, Palermo e il Cile, le mie tre culture e le mie origini
Esteban traccia per traccia
L’ep si apre con Nano Cilao, canzone d’incastri che si muove tra immagini quotidiane (soprattutto quella del ragù).
Esplorazioni orientali quelle del testo di Bandierine tibetane, che a livello di sonorità prosegue il discorso tra lo fi e itpop.
Un po’ di tastiere ad aprire Christiane (che è il titolo su Spotify, ma poi lui canta “Christine”), ritratto femminile abbastanza malinconico.
Sapone di Marsiglia parla di incontri, tra pelle liscia ed emozioni che fanno rissa. Dal sapone all’Aloe vera il passo è breve: sempre tastiere, un po’ di Rino Gaetano, un po’ di Calcutta, sempre semplicità nell’espressione.
Un po’ più “world” e luccicante, ecco poi Luz de Vela, vaga memoria andina sorretta da sonorità in crescita piuttosto vibranti.
Vocalità un po’ incerta e istinti chiaramente itpop, a dispetto della multiculturalità d’origine per Esteban, che concentra nelle proprie sei canzoni idee e pensieri semplici espressi con una scrittura piuttosto spontanea.