Estetica Noir, “Purity”: la recensione

Gli Estetica Noir sono una band innamorata del passato, che affonda le proprie radici all’interno dei pilastri del dark rock e della new wave più passionale (The Cure, Killing Joke, Nine Inch Nails) ma si apre anche a sonorità più moderne ed elettroniche. Il nuovo album si chiama Purity.
Estetica Noir traccia per traccia
Hallow’s Trick, la traccia d’apertura, è già piuttosto esemplificativa dell’estetica degli Estetica. Oscurità ma anche rock’n’roll, aggressività ma anche evidenti richiami new wave, tutto su ritmi alti e non privi di struggimenti interiori. Maggiori i contributi elettronici nell’apertura di Plastic Noosphere, che comunque si colloca nella sfera di riferimento tra Joy Division e Cure delle origini.
In Heaven invece presenta un paradiso dai profili industrial, da cui emerge un ritmo sostenuto e di buon impatto. Dopo il veloce strumentale Suicide Walk, ecco I Hate, martellante e con dosi molto importanti di acidità, soprattutto proveniente dalla chitarra.
Polarized conferma che anche nella seconda parte dell’album la band non abbassa né la guardia né i ritmi. Velocità leggermente più bassa quella di Deluxe Lies Edition, che però sviluppa una certa potenza elettrica (e malinconica) mentre procede.
L’altro strumentale, piuttosto cupo, Hypnagogia, conduce non al sonno ma a una stridente I’m not scared, cover degli Eighth Wonder di Patsy Kensit, resa rinunciando alla sensualità originaria in favore di un’inquietudine minacciosa. A Dangerous Perfection continua con un mood simile ma sonorità diverse, che richiamano l’indie rock contemporaneo. Si chiude con i battiti di You Make Life Better, insinuante e ambigua, con qualche connotato di dramma e un finale scratchato e quasi industrial.
Buon disco per gli Estetica Noir, che adottano un sound omogeneo e indubbiamente nostalgico senza sembrare però eccessivamente rivolti al passato e soprattutto senza rinunciare alla propria personalità.