Sono stati forse fra i meno chiacchierati al Festival di Sanremo 2019, ma indubbiamente hanno fatto un’ottima figura: gli Ex-Otago hanno portato all’Ariston Solo una canzone, che preannunciava Corochinato, il nuovo album. Il titolo, a quanto pare, prende il nome da un aperitivo tipico di Genova.
Quest’estate, in un’intervista, gli Otaghi mi avevano raccontato del futuro disco “molto Ex-Otago, rappresentativo di tutte le anime della band, di un mondo immaginario e immaginifico. Ci saranno canzoni molto ballate e molto dance, ma anche un po’ tutti i lati degli Otaghi ne usciranno bene”. Vediamo se è andata proprio così.
Ex-Otago traccia per traccia
Si parte da un’energica Forse è vero il contrario, pezzo dichiaratamente indie nei suoni e nei modi, molto incentrata sul ritornello e con momenti rapidi e altri di rallentamento.
Ricordi d’infanzia sono al centro di Bambini, contrassegnata da suoni da dance rallentata, con un po’ di malinconia in fondo.
Torniamo a casa vive degli strappi della sezione ritmica: addentrandosi nel disco ci si rende conto che gli sforzi, a volte eccessivi, di semplificazione sonora sono stati lasciati da parte, qui ci sono strati su strati, che rendono i pezzi più interessanti.
Ecco la classica ballad, forse era tempo: è la già nota Questa notte, il brano più esplicitamente pop del disco insieme al seguente. Che ovviamente è Tutto bene, successo estivo e tormentone martellante.
Solo una canzone, la ballata sull’amore “maturo” che al Festival ha sollevato più di un sopracciglio (e chissà se Ultimo ci è rimasto male anche per questo) arriva subito dopo, tranquilla, sensata e rassicurante, molto “sanremese” tutto sommato.
Lavoro ritmico interessante alla base de Le Macchine che passano, brano notturno ma aperto, con qualche cesellatura di chitarra a interagire con tastiere e synth.
A proposito di notte e di tastiere, ecco La Notte chiama, che evoca la dance, il Messico, le bici. Di fatto una celebrazione della disco mentre il testo dichiara a chiare lettere che in disco non ci si vuole andare più perché è meglio una nottata di coppia.
Infinito parla male della Ferragni (e la notizia è già tutta qui) e di Despacito, mentre si radica sul territorio, tra la Val Borbera e i vini liguri, per esiti un po’ jovanottiani.
Si chiude con rimpianto: Tu Non Mi Parli Più è il ricordo di un rapporto ormai sepolto nel passato ma non del tutto, con incisi più recitati che rappati. Anche i suoni risentono di influenze che arrivano a ondate dal passato, e soprattutto dagli anni Ottanta.
Detto che far uscire mezzo album sotto forma di singolo mesi prima rovina gran parte dell’effetto sorpresa, ma ormai è la prassi, il disco degli Ex-Otago può sorprendere nelle parti ancora ignote.
Perché se è vero che ciò che era già uscito poteva far pensare a una svolta totalmente melodica e forse troppo zuccherosa, in ciò che era rimasto nascosto non è difficile indovinare invece ancora molto mordente, voglia di sporcarsi le mani e di ribaltare qualche tavolo. Si intuisce anche una buona percentuale di sincerità, e forse è la qualità migliore del disco.