Federico Fabi, “C’eravamo quasi”: recensione e streaming

Dopo l’ep d’esordio autoprodotto dallo stesso Federico Fabi in una cantina del suo quartiere Spinaceto (Roma), dopo aver conquistato la copertina della playlist Scuola Indie ed essere entrato anche in Indie Italia, il cantautore romano pubblica il suo primo lavoro in studio, C’eravamo quasi (Vertigo/Asian Fake, distribuito da Sony Music Italy).
Federico Fabi traccia per traccia
L’album si apre sulle note di Baciami baciami, singolo morbido e mosso, dotato di dolcezze e incoraggiamenti.
Più malinconico, ma è per lo più l’altra faccia della medaglia, ecco poi Il raffreddore è bello perché me l’hai attaccato tu.
Qualche bolla di synth colora Istruzioni per Noemi, altro episodio molto soffice e un po’ zuccheroso.
Non ce lo si vede, Federico, a prendersi a botte con qualcuno, eppure c’è anche questo in Al dente, altra dichiarazione d’amore piuttosto acustica.
Dopo l’intermezzo/title track C’eravamo quasi si torna al cantato con Non passerà mai, leggermente più cupa rispetto ai brani precedenti. Si parla addirittura di odio e cadute, in un brano virato in noir.
Tornano gli occhiali da sole e si raccontano un po’ di malefatte di un cuore “troppo bambino” all’interno di Solo più solo di prima.
Il disco si chiude con Non dargliela vinta, sorta di manifesto programmatico, realizzato in maniera piuttosto minimale e intensa.
C’è molta delicatezza nella scrittura di Federico Fabi, che qualche volta esagera con la melassa in melodie semplici e testi basati su due-tre concetti e poco altro. La lacrima sul viso in copertina peraltro si può asciugare in fretta visti i successi in termini di numero di ascolti e di attenzione già raccolta dal cantautore.
Genere musicale: pop
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